auguri!

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foto dalla festa di Natale

alcune novità gastronomiche (la torta di cioccolato belga, la colomba natalizia (?!!?), il pandoro di farro), svariate eccellenze alcoliche e la consueta e straordinaria cerimonia dei regali made in Texas. Un successo.

e quindi, felice 2014 a tutti

 

brindisi

 

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b & l

 

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Gran Galà

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Nel ricordarvi che Backdoor sarà aperto anche domenica 22

e tutto lunedì 23 e 24

Vi invitiamo al Gran Galà di martedì 24 mattina (dalle 11,30 in poi)

Abituale bicchierata indie rock con contorno di panettone di farro,

Spumante Villa Jolanda (o vitigno di pari levatura),

regali (per chi se li è meritati) made in Texas,

compilation di Natale e imprevisti assortiti

Vi aspettiamo

Signor Franco e Maurizio


Privè dicembre 2013

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rompere_muro

Ci sono settimane particolarmente effervescenti. Stanno ristrutturando l’alloggio di fianco a Backdoor. Sembra il bombardamento di Dresda. Martello pneumatico, martello manuale, Thor martello di Dio: tutto insieme. Quando suona il telefono usciamo in strada per rispondere, altrimenti non sentiamo. Vibrano i dischi appesi al muro. Sono certo di cogliere un’espressione di terrore negli occhi di John Barry, attaccato alla parete con un suo best americano. Dobbiamo mettere a volume 11 per far capire qualcosa dei vinili che tentiamo di vendere. Non ci sono orari, picchiano e spaccano incessantemente, sempre. Fioccano le battute. La più frequente (e motivata): “Registrateli e fingete di avere un bootleg degli Einsturzende Neubauten”. La faccenda va avanti da circa un mese. In una delle innumerevoli proteste (siamo l’unico negozio di dischi al mondo che si lamenta per il rumore dei vicini) ho realizzato che stano frantumando praticamente tutto. Più che una ristrutturazione è un flagello animato dall’odio. Sono certo che crolleremo con l’intero palazzo. Un sabato poi, e so che sembra finto e banale al tempo stesso, mentre ascoltiamo i Sightings (City of Straw, per l’esattezza) ironizziamo sulla difficoltà di distinguere mazzate edili da rumorismi post industriali. E mentre ridiamo della nostra sicumera, arriva una tronata “superiore”, uno schianto definitivo. Corriamo nel retro e, esattamente sopra la scrivania del Signor Franco, ammiriamo un buco largo come due palloni da calcio e un bel numero di macerie sotto. Ce l’hanno fatta, con un numero degno de I Soliti Ignoti, gli amici muratori hanno sfondato il muro e sono venuti a farci una visita. Brindiamo all’avvenimento con minacce, bestemmie alate e rimozione delle macerie, ma anche con la vendita di City of Straw. Per la cronaca il Signor Franco si trovava altrove, impegnato in competizione bridgistica, quindi risulta incolume. Proseguiamo in allegria, accompagnati dall’artiglieria incessante dei vicini. Pochi giorni dopo entra uno in preda a una febbrile urgenza. “Buonasera, è già uscito quello nuovo degli Stadio?”. Trasalgo, quindi gli Stadio hanno ancora un pubblico. “Non saprei, mi spiace”. “—“. “Noi seguiamo altre cose, etichette indipendenti”. “—“. “Non musica commerciale. Indie rock, elettronica. Anche punk”. “—“. “Importiamo. Musica dall’estero. Importazione”. “Ah. Quindi potrebbe farmi avere quello nuovo degli Stadio d’importazione?”. A breve gli allegri devastatori a fianco ci informano che hanno rilevato una perdita sulla colonna centrale dell’acqua. Dovranno spaccare il nostro muro nel retro. Esattamente dietro a un mobile tassellato e pieno, anzi pienissimo, anzi debordante, di vinili. Verranno domani. Sono le sei di pomeriggio. Smonto tutto, maledico (ottantaseiesima volta nella mia vita) il pesantore dei vinili, accatasto tutto sotto dei teli di plastica e sento che mi viene da piangere. Il giorno dopo è un trionfo di polvere e trapanismo. Noi viviamo nella corrente invernale sotto un telo di plastica. In pratica siamo una copertina dei Christian Death. Da lì sotto emergo per accogliere uno che mi dice “Interessano due zanne d’avorio di quasi due metri? Certificate eh! No roba di contrabbando”. Io lo guardo esterrefatto. Allora mi conforta. “Fanno impressione, sa? Le ho sul divano, due bestie così! Su internet girano a prezzi pazzeschi, ma io posso venirle incontro se le vuole”. Lo guardo. “Mi scusi eh, ma perché mai dovrei essere interessato a due zanne d’avorio, me lo spiega?”. Lui fa girare un dito come a indicare l’ambiente e dice “Ma, immagino che qui girino un sacco di artistoidi, quindi mi sembrava il posto adatto. Comunque magari ripasso, per ora le tengo sul sofà”. Lieto di questa soluzione, ritorno sotto il mio ameno telo impolverato. Le operazioni terminano a fine giornata. Il giorno dopo chiudono il buco e, simpaticamente, non avvertono della riapertura dell’acqua nel condominio. Qualcuno aveva aperto il rubinetto del lavandino del mio bagno (cesso in realtà è più consono all’oggetto in questione), nel frattempo riempitosi di macerie. Così, quando vado nel retro a vedere se abbiamo qualcosa in vinile di Nick Lowe, trovo l’acqua a darmi il benvenuto su buona parte del pavimento. Salvo tutto inzuppandomi fino alle ginocchia, sacrifico una copia di Mojo del 2009 (non avevo più carta e stracci per asciugare) e riesco persino a vendere Labour Of Lust di Nick Lowe. Ma avverto una certa stanchezza. A “finirmi” ci pensa una che entra balzellando. “Dovrei fare un regalo a un mio amico che suona nei Doors”. Alè. “Vuol dire che suona in una cover band dei Doors?”. “No, no, lui è proprio nei Doors”. Alè. Mi risultano quasi tutti morti, ma comunque vado avanti. “E aveva qualcosa di preciso, in mente?”. “Sì, pensavo di regalargli qualcosa dei Doors”. Alè. “Ma un disco insolito, perché chiaramente ha già quasi tutto”. Il ragionamento non fa una grinza. Ci accordiamo per Absolutely Rare, bootleg doppio di registrazioni rare e outtakes. Me l’immagino mentre consegna il mio pacchetto natalizio a Robby Krieger e torno nel retro a pulire. Comincio a essere stremato. Il frastuono demolitorio prosegue incessante. Non so se davvero stiano inscenando una replica della replica del live con buca all’ICA di Londra degli Einsturzende nel 1984 o stiano traghettando l’Abate Faria direttamente verso Auckland, ma comunque insistono. E in tre, dico tre, persone diverse mi hanno telefonato sabato per sapere se avevamo il cartonato di Adriano Celentano (“Volevo regalarlo come appendiabiti a mio marito per Natale” mi ha detto una). Quindi, in chiusura, volevo dirvi che io un libro l’ho già fatto (L’ultimo disco dei Mohicani, 9,90 euro, disponibile qui anche con amena dedica dell’autore, volendo) e quindi sono disponibile ad affrontare una vita serena e persino banale. Silenziosa e noiosa, almeno a tratti. Comunque grazie e buone feste a tutti.

 

Playlist

(cose che mi sono piaciute)

 

Dischi

 

Prefab Sprout Crimson/Red (Kitchenware)

Paddy is back.

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Nick Lowe Quality Street (Proper)

Il mio disco di Natale.

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Jonathan Wilson Fanfare (Bella Union)

Vento di Laurel Canyon, Neil Young e pop 70’s.

Super smooth.

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King Crimson Starless and Bible Black (Island, 1974)

Nessuno come Robert Fripp

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Paul McCartney Unplugged (The Official Bootleg)(Parlophone, 1991)

Macca si diverte e io con lui. E quando attacca And I Love Her senza spina…

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Stefano Pilia Strings (Musica Moderna)

Field recordings. Spiccano i gabbiani nervosi di Coney Island.

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Redroom Dreamers Honduras (Happy/Mopy)

Da Napoli, slowcore ma non solo, con echi di Karate e Bedhead.

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Libri

 

Israel J. Singer i fratelli Ashkenazi (Bollati Boringhieri)

760 pagine. Ascesa e caduta della borghesia ebraica a Lodz.

ashkenazi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Concerti

 

Pilia/Spaccamonti (Blah Blah, 27 novembre)

Ottimi nei set solisti, eccellenti nelle due improvvisazioni corali. Sperimentali e comunicativi:

i due migliori chitarristi italiani.

Qui con Ramon Moro

http://www.youtube.com/watch?v=FuyrcqCM1RQ

 

I Cani (Hiroshima Mon Amour, 29 novembre)

Potenti e divertenti, con la sofferenza dei testi che nessuno sembra voler cogliere. Benissimo il giovanissimo King Krule, meglio ancora Niccolò Contessa. Adorabile quando prima di tuffarsi sul pubblico appoggia gli occhiali sul palco e poi va.

 

Massimo Volume (Hiroshima Mon Amour, 13 dicembre)

Mai così potenti. La seconda sezione di bis è devastante. L’adesione è fuoco.

 

pilia spacca

 

 

 


aperture natalizie

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santaarrested

Domenica 22 dicembre Backdoor sarà aperto

Vi ricordiamo inoltre l’abituale appuntamento del 24 mattina, con panettone di farro, Villa Jolanda (o vitigno di pari lignaggio), regali texani, brindisi augurali e amenità assortite

vi aspettiamo numerosi

 

 


spessore!

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Venerdì 6: United Birthday: SPESSORE live – ospiti: M.Blatto & Sig. Franco introducing ‘L’ultimo disco dei Mohicani’

6 dicembre 2013 @ 23:00

spesso

 

 

 

 

 

 

 

 

Ingresso forse libero

dei soldi verranno estorti agli spettatori dal conduttore.

Terza uscita live della trasmissione ‘Spessore’.
Vari ospiti. Cazzi vostri.

La trasmissione più iconoclasta, provocatoria e squisita dell’etere piemontese riapproda sul palco dello United per la terza volta in tre anni.

Irriverente, caustico, cinico, divertente più dei video porno di vostra cugina su ‘pornoitaliano.com’, Mario ‘Spesso’ conduce la più longeva trasmissione dell’area, dal nome ‘SPESSORE, in onda sui 105.250fm di Radio Black Out da ben 21 anni.
Essendo ormai un vecchio stronzo, cerca di provocare i piàù giovani stronzi con tesi e pungoli d’ogni tipo, passando dalle teorie sui massimi sistemi a vari metodi di assunzione di stupefacenti, dal nazismo strisciante dell’utenza sui servizi pubblici di trasporto all’idiosincrasia per la tecnologia. Il peggio del vostro peggio, il meglio di quel che potrebbe non essere.
Colonna sonora: l più variegata possibile.
Durante lo show avranno luogo svariati reati.

‘L’ultimo disco dei Mohicani’

Backdoor, Torino: siamo aperti. A cosa? Grossomodo a tutto. E a tutti.

In particolar modo a quelli che davvero non pensavate potessero esistere. E invece esistono, sono il variopinto circo di clienti – più o meno occasionali, più o meno appassionati, più o meno folli – di uno storico negozio di dischi specializzato in vinile e intento a vivere l’amore per la musica dall’altra parte della barricata: un luogo talmente vero e talmente incredibile da essere più pop di un coretto dei Beach Boys.

Ecco, allora, sfilare il piastrellista devoto al funky e alle donne di colore, l’audiofilo sorpreso dalla moglie con uno stereo in un appartamento affittato di nascosto e l’uomo che ha inventato i Massive Attack. Per non parlare dell’immigrato slavo che voleva morire sotto la sezione reggae, dell’indomabile Sentimentalista o del fan degli Alarm con documenti compromettenti per la FIAT…gente strana?

Se la pensate così, non vi siete mai trovati di fronte a quei clienti che, incerti su cosa comprare, hanno chiesto: “Ma Che Guevara ha fatto più niente?”.

Ad afro punk come stiamo?”. “Scusi, ma cosa intende per afro punk?”. “Mah, tipo quello lì, Jack Morriso, quello dei The Doors. È morto no?”

Ce l’ha quello dei Led Zeppelin con la supposta in copertina?”

MAURIZIO BLATTO
Nato a Torino nel 1966, ha accantonato sul nascere una carriera da avvocato preferendo Backdoor, storico negozio di dischi cittadino. Collabora da anni con la rivista musicale “Rumore”. La sua canzone è How Soon Is Now? Degli Smith. Dovendo scegliere, sceglie vinile. L’ultimo disco dei Mohicani è il suo primo libro.


privè novembre 2013

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Decidiamo di fare la festa di compleanno di nostra figlia piccola in casa. Più tradizionale, più calda. L’invito viene esteso unicamente alle compagne di classe e a due amiche del cuore “esterne”. No maschi, rigorosamente no maschi. Aderiscono tutte. Comincio a guardare i vinili e i cd, che chiaramente sono ovunque, e non sono più così sicuro che sia stata una buona idea. Tento una manovra: “Secondo me, per ricavare più spazio, è meglio se spostiamo i divani ai lati”. Ai lati, chiaramente, ci sono i mobili Ikea con parte della collezione. Mi sento un fine stratega. Il resto della famiglia sorride e acconsente. In sostanza mettiamo delle paratie solide a riparo del piatto e di una parte del classic rock. Molto bene. Recuperiamo le bambine, un totale di diciassette angioletti ben pettinati e ricchi di fiocchetti. Hanno tutte sette anni e sono adorabili. Appena entrano in casa, rivedo il giudizio. Urlano come delle riot grrrl, corrono ovunque, saltano, sudano, slegano i fiocchetti, si spettinano. Palloncini ovunque, pogo sui divani, urlano. Ero sicuro di avere le Au Revoir Simone e invece ho le Bikini Kill. Mi rendo conto che i vinili sono al sicuro e mi rilasso. Le guardo e sorrido. Provengo da una famiglia rigidamente maschile e scopro che quello per noi era il calcio di rigore, per loro è la ruota. O la spaccata. Noi stangavamo verso porte teoriche di cui scorgevamo pali e traverse immaginifici (cretino, quello era palo), loro fanno la ruota sui palmi delle mani o la spaccata (che mi agita sempre, -attenta che ti fai maaaaale-). Comunque tutto funziona. Ma urlano, questo va detto, urlano. Parte un bicchiere di Coca Cola contro il muro (non quello dei vinili, vivaiddio), ma può succedere. Non so se l’ho già detto, ma urlano. Può sembrare incredibile, ma ho preparato una mista anche per questa occasione. Un best of di Zecchino d’oro, cartoni animati assortiti e, ovviamente Winx. Chiedono di alzare il volume e ballano. Un incastro di Heather Parisi e Lydia Lunch, nel senso che tirano la gamba in aria, ma scalciano anche con furore. A un certo punto in due mi chiedono “Hai qualcosa di rock?”. Capite, è un momento topico. “Bambola, di rock ne ho quanto ne vuoi”. So come muovermi, perché ho già sperimentato con mia figlia il concetto di rock. Non bisogna far passi falsi con Buddy Holly o simili, immaginando un approccio filologico. Dritti al punto. Così metto No Fun degli Stooges. E funziona. Saltano e, ma direi che è legittimo in questo caso, urlano ancora. Per me, se nessuno dei genitori mi denuncerà, è un gran bel momento. Finché non vedo una delle invitate seduta per terra, con il broncio. Mi avvicino. “Sveva, qualcosa non va?”. “Non mi diverto”. Tento di rincuorarla con patatine (niente da fare, e dire che erano Fonzies…), Coca Cola (“Chi ti ha detto che ho sete?”) e, alla fine, un invito danzante. Nel senso che le dico “Perché non balli anche tu, non ti piace questa musica?”. “No, perché non è per niente rock”. Calma, parliamone. Così mi siedo di fianco a lei e capisco di essere il titolo di un racconto di Dave Eggers, una cosa tipo “Talkin’ with the little Sveva about the Stooges”. “Sveva, questo è rock, sai che il cantante è soprannominato l’Iguana?”. “L’iguana è una bestia schifosa”. “Infatti, ma proprio per questo è molto rock, senti che chitarre”. “Io non lo so disegnare l’iguana, faccio bene il gattino”. “Meglio, brava”. Vorrei dirle che il gattino è tanto Belle and Sebastian e io non ho nulla contro i felini twee pop, ma mi rendo conto che tutto assomiglierebbe davvero troppo a un esercizio di letteratura creativa. Mi alzo. “Dai Sveva, balla e divertiti”. Lei non mi degna di uno sguardo, ma poco dopo, per lo meno, si mette in fila per la caccia al tesoro. Ho un attimo di terrore: e se si mettono a rovistare tra le copertine, stracciano On The Beach, sradicano a morsi il secondo Soft Machine? Prima che mi agiti, vengono chiariti i limiti del gioco: “Lì non c’è niente, chiaro?”. Lì sono i vinili. Mi rilasso. Poi mi sento toccare una mano. È Sveva. “Lì cos’è?”. “Sono i dischi”. “Non so cosa sono i dischi”. “È dove c’è la musica, esistevano prima dei cd”. “Non so cosa sono i cd”. “Quelli rotondi, nelle scatoline, dove c’è la musica”. Mi interrompe. “Mio papà la musica ce l’ha in una chiave che si infila dentro al computer”. La guardo, “Sveva, vai che stanno facendo le squadre, non vorrai perderti la caccia al tesoro, vai”. E va. Diverse urla dopo, arrivano i genitori a prenderle. È andato tutto bene, mia figlia è felice e ci siamo divertiti. Distribuiamo giubbotti e zainetti. All’improvviso mi becco un calcio sul polpaccio. È Sveva. Mi fa la lingua e dice “L’iguana è un animale brutto”. Poi se ne va per mano con la sua mamma. Io rimango zitto e non so se parlarne direttamente a Iggy Pop, magari mandargli una mail spiegandogli come sono andate le cose. Ci penserò. In sottofondo, intanto, è partito un lento delle Winx e direi che non urla più nessuno.

Playlist

(cose che mi sono piaciute)

 

Dischi

 

Fitness Forever Cosmos (Elefant)

Capolavoro pop. A Rumore di dicembre per i dettagli.

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Rainforest Spiritual Enslavement

Quattro 12” e un mistero dietro. Missionari inghiottiti dalla giungla. Pozze nere di suono. Ambient malarica. Londra tra le liane.

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King Krule 6 Feet Beneath The Moon (XL)

Da Billy Bragg a The Street. Giovanissimo, con voce da orco inglese. E con tocco soul magistrale.

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Lou Reed Transformer (RCA, 1972)

Lo so, è banale. Però mi manca.

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His Clancyness Vicious (Fat Cat)

Se indie ha ancora un senso, qui trova la sua forma più ampia.

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Massimo Volume Lungo i bordi (Tannen)

Su vinile, finalmente.

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Husker Du Candy Apple Grey (Warner, 1986)

Cristo, gli Husker Du.

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Libri

 

Paolo Cognetti Il ragazzo selvatico (Terre di mezzo)

Solo, in una baita. Farò quella fine anch’io, a far sentire i dischi degli Smiths ai camosci.

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Eraldo Pecci Il Toro non può perdere (Rizzoli)

Magari. Un bel libro sulla stagione dello scudetto (’75 ’76), ma anche su Torino e un mondo e un modo di fare calcio che non esistono più. Meglio se siete granata, ma non indispensabile.

pecci

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alessandro Baronciani Raccolta (Bao)

Storie brevi in formato adorabile. Se girate veloci le pagine è il film più bello di questo mese.

RACCOLTABARONCIANI

 

 

 

 

 

 

Altro

 

Quando alla fine della prima seria di The Walking Dead ripartono tutti, disperati e silenziosi, con Tomorrow Is A Long Time di Dylan in sottofondo.

The_Walking_Dead_Season_Finale_-_Bob_Dylan

 

 

 

 

 

Searching For Sugar Man

Film e storia incredibile. Nessuno a Detroit, un re in Sudafrica. Colonna sonora (low price) splendida.

??????????????????????????????????

 

 

 

 

 

Il rovescio di Richard Gasquet

 

ATP Masters Series Monte Carlo - Day Four

 

 

 

 

 

 

Cose che mi fanno venire “i nervi”

 

Quando stai camminando sul marciapiede e dietro (sempre sul marciapiede) uno in bici ti fa suonare il campanello.

 

La gente che non mi conosce e mi chiama “caro”.

no cycle


Thomas Guiducci

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Thomas stivale

-vinile o cd?

 

In linea di massima vinile, ma non disdegno il cd.

 

-primo disco comprato

 

Der Kommissar di Falco

 

Falco - Der Kommissar

 

 

 

 

 

-ultimo disco comprato

 

Tony Joe White Hoodoo

 

tony_joe_white_-_hoodoo_sm

 

 

 

 

 

-il disco che hai cercato per più tempo

 

AA VV My Pussy Belongs To Daddy  (non ancora trovato)

 

my pussy

 

 

 

 

 

-il disco che ti rende più orgoglioso

 

My Generation degli Who, prima stampa inglese del 1965

 

who

 

 

 

 

 

-il disco più bello comprato da Backdoor

 

Tra i più recenti Gentle Spirit di Jonathan Wilson è il primo che mi viene in mente, ma sicuramente ne dimentico parecchi.

 

 

JonathanWilson_GentleSpirit

 

 

 

 

 

-il disco più brutto comprato da Backdoor

 

Bakdoor non ha dischi brutti

 

-come è ordinata la tua collezione?

 

Stranieri, italiani e soundtracks il tutto in ordine alfabetico

 

-i “tuoi” cinque dischi

 

Townes Van Zandt Live at the Old Quarter, Houston, Texas

 

The Band The Band

 

Ray Lamontagne Till The Sun Turns Black

 

Rory Gallagher Irish Tour

 

The Beatles Hard Day’s Night

 

townes-van-zandt_quarteThe-BandTill+The+Sun+Turns+Black+Bild+5

 

 

rory gallagher

 

 

 

a hard days

 

 

 

 

 

 

 

-il “tuo” disco cult

Catherine Spaak Toi, tu ris de moi

spaak

 

 

 

 

 

 

-il tuo “guilty pleasure” (la tua passione musicale –gruppo, band o genere- inconfessabile)

 

Sountracks di Blacksploitation movies, B-Movies e softcore/horror anni 60/70.

blacksploit

 

 

 

 

 

-cinque canzoni “tue”

The Pogues Dirty Old Town

Townes Van Zandt Waitin’ Round To Die

The Band Whispering Pines

Johnny Cash God’s Gonna Cut You Down

 Secondo Casadei Romagna Mia

casadei

 

 

 

 

 

-qualche concerto memorabile

Tantissimi, uno dei più belli sicuramente Giant Sand a Spazio 211, praticamente seduto sul palco.

-un concerto drammatico

Col senno di poi un concerto di Gianni Morandi visto con mia mamma in un centro sportivo a Rimini…l’unica canzone che conoscevo allora (avevo 6 o 7 anni) era Marinaio e passai tutto il tempo ad aspettare che la cantasse…nemmeno mi piacque troppo, ma a fine concerto ho insistito con mia mamma perché si facesse fare l’autografo (non avendo fogli ce lo fece su un pacchetto schiacciato di Merit o di Kim, non ricordo bene).

 

-la tua squadra di calcio e una canzone che la rappresenti

Il Rimini (la canzone è il vecchio inno della scquadra Rimini Vai di cui ho ancora il 45 giri, purtroppo senza copertina)

rimini vai

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

-promuovi una tua iniziativa (o qualcosa che ti piace)

 

Beh, promuovo la mia allegra banda musicale,

Thomas Guiducci & The B-Folk Guys,

ci trovate al sito

thomasguiducci.wix.com/bfolk

 

oppure su facebook

www.facebook.com/thomasguiducci.bfolk

 


THOMAS GUIDUCCI & THE B-FOLK GUYS _0

 


And me I just don’t care at all

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lou torinoLa prima volta che ho visto Lou Reed è stato all’inizio degli anni ottanta, in un parco cittadino. Di fatto, eravamo ancora negli anni settanta. In queste occasioni tutto era politica ed eroina, un binomio indissolubile per molti. Mi sono sempre tenuto alla larga da entrambi. Andai e tornai dal concerto con l’autobus, da solo. Sembravano tutti un fumetto di Andrea Pazienza. E io, i fumetti di Andrea Pazienza, non li ho mai capiti. Mai. Bellissimi disegni, ma le storie mi sfuggono sempre. Non mi è mai chiaro che cosa stia succedendo. Il pubblico di Lou Reed, almeno per quella sera, era per la maggior parte composto da strafattoni e gente che reclamava, o meglio, pretendeva qualcosa. Chi non era marcio sapeva che gli spettava qualcosa, e lo urlava. Mi parve subito chiaro che nessuno fosse lì per la musica. Per Lou Reed. E quindi li odiai tutti e amai Lou. Ero pronto per gli anni ottanta: individualista, snob, goffamente cinico. Come tutti, passai intere giornate ad ascoltare i suoi dischi e i Velvet. Pomeriggi interi, senza interruzioni. Grazie a Lou amai tutti i parlatori e iniziai a odiare gli urlatori senza ragioni, le voci acute dell’hard. Dimmi poche cose, dimmele senza esagerare. Andai a vederlo tutte le volte che passò da Torino. Durante il tour di Magic And Loss un povero disgraziato iniziò a urlare Heroin dalla seconda canzone. Heroooin, Heroooin. Evidentemente era un sopravvissuto, appunto, alla scrematura dell’eroina cittadina, segno che in qualche modo si può anche uscire vivi dagli anni settanta. Andai a Milano alla reunion dei Velvet e mi divertii come un matto. L’ho visto l’ultima volta a Torino, quando si esibì per le Olimpiadi invernali, con il suo maestro di Tai Chi sul palco. L’ho persino intervistato, se così si può considerare una sola domanda consentita in un hotel milanese in cui una notte costava come il mio stipendio di due mesi. Mi è sempre sembrato un figo. Duro, scostante, secco. È passato indenne a tutto e chiunque gli deve qualcosa. Come allora, con gli zombie anni settanta sul pullman, ho continuamente pensato che fosse sempre nel posto esatto. Soprattutto musicalmente. Così quando ieri ho saputo che era morto mi sono enormemente rattristato. Come capita per i lutti privati. Non ho mai avuto eroi o miti, o quanto meno non li ho mai celebrati pubblicamente. Mai fatto autografare un disco, mai tentato di “conoscere qualcuno”. Ognuno al suo posto, bastano i dischi. I ricordi, anche questo, sono tutti banali e, banalmente, l’ho celebrato mettendo su un suo vinile. Berlin, edizione best buy, comprato millenni fa in un supermercato (Città Mercato, per la precisione) alla vigilia di una vacanza di giugno al Lido degli Scacchi, tra piogge e zanzare. Con Berlin mi predisponevo già per l’allegria estiva, come si suol dire. E, banale per banale, sono partito dal fondo, da Sad Song. Nel frattempo arrivavano messaggi e sms da amici. Alcuni mi informavano che Emanuele Filiberto e Formigoni lo rimpiangevano via twitter. Tristezza su tristezza. Ho acceso la tv e un asino sul TG2 ricordava come se ne fosse andato in una Sunday Morning, come la canzone cantata da Nico. Quella canzone la cantava Lou Reed, bestia che magari manco hai il disco a casa. Così ho pensato come avrebbe reagito lui, a tutto questo. Ai milioni di me che lo rimpiangevano con le sue copertine in mano, accasciati su un sofà. È partita Men Of Good Fortune, e verso la fine, dopo aver fatto un bilancio delle ricchezze che si ereditano o non si avranno mai, dice And me I just don’t care at all. Ecco cosa avrebbe detto Lou.  A me, a me non frega proprio un cazzo.

Maurizio Blatto


Privè ottobre 2013

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L’episodio risale ancora alle vacanze estive. Sono in macchina con tutta la famiglia, saranno le ventidue circa. Cosa ascoltare è una faccenda delicata. In genere comandano le bambine. Ma non ce la facciamo più a sentire il cd delle Winx. Non male, per carità, ma ormai l’ho messo più di Unknown Pleasures e comincio a manifestare un leggero nervosismo. Le compilation? Il Festivalblat, mio raccoltone estivo ormai entrato di diritto, insieme agli agnolotti di Natale, nella tradizione di famiglia, ha già fatto diversi giri. Ho pronto Personal Record di Eleanor Friedberger, ma perdo l’attimo vincente. “E se mettessimo la radio?”. “Ok, no RTL o simili”. Questo sono io, patisco le radio incatenate all’heavy rotation. Sempre le stesse canzoni, sempre e sempre. E per giunta tre quarti mi fanno schifo. E mi entrano in testa. E hanno dei testi per idioti conclamati. E mi entrano in testa. “Mettiamo la RAI?”. Questo sono di nuovo io. La RAI ha buoni programmi e so che, visto che non ci sono eventi sportivi in corso, il resto della famiglia non temerà trappole. “Ok, metti la RAI”. C’è una voce femminile. Brava, ben impostata, non mi tratta come un cretino. Non sembra fatta di crack mentre dice cose tipo “ragazzi c’è un sole fantastico e scommetto che la Sara è già in spiaggia di brutto”. Mi rilasso, di sicuro non passeranno Pezzali. La conduttrice ci informa che ora toccherà a un artista eclettico, che ha saputo cambiare la propria musica sempre un attimo prima, un innovatore. Uno che ha introdotto l’elettronica nel proprio codice, cercando sempre di anticipare e cogliere i cambiamenti. Che ha inciso sui tempi, sia con i testi che con le sonorità. “Cristo” penso “meno male, adesso ascoltiamo Brian Eno”. Pochi secondi dopo parte Jovanotti. Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti. È lui. Rischio di andare fuori strada, di sfasciare la serranda chiusa di Ortofrutticola da Silvana con il muso della macchina. Divento pazzo. Ma come? Ora, ognuno fa quello che vuole e per chi vuole, ma qui si sta esagerando. Sono settimane che tento di togliermi dal cervello Estate (io avrei voluto assistere alla riunione in cui hanno deciso il titolo) e adesso qui me la spacciano per il frutto di un genio? Stiamo parlando della canzone che fa “sento il mare dentro una conchiglia, estate, l’eternità è un battito di ciglia”? Quella? La stessa che finisce con “ma che caldo ma che caldo ma che caldo fa ma che caldo in questa città”? Dai. E poi anche questa cosa dell’elettronica. Smettiamola. L’elettronica esiste da almeno cinquant’anni e non è che basta mettere due bum bum o un synth alla cieca per diventare moderni. Smettiamola. Innovare è una cosa seria, nelle trame di cotone puro del pop più solare come nelle pieghe aguzze dell’avanguardia. Bisogna sapere e volerlo fare. Non è che vale sempre tutto. Così m’incazzo e spengo la radio. Perché sono certo che passeranno pure Pezzali. Inveisco, vorrei sputare, ma ho paura che mia figlia piccola lo scriva magari in un tema. Descrivi le tue vacanze: “Io e la mia famiglia siamo andati al mare. È stato molto bello. Mia mamma ci pettinava come bambole e mio papà sputava addosso alla radio”. Arrivati a casa li costringo a sentire Caldo dei Diaframma e Azzurro di Paolo Conte. Spiego la grandezza dei due brani, l’abbandono afoso della prima, la genialità popolare della seconda. Le fabbriche chiuse, il baobab. Sento che un po’ mi compatiscono. La verità è che a loro piace Jovanotti. Davvero. Si contengono, perché hanno paura che le denunci, ma lo apprezzano sinceramente. E allora vado a prendere gli Haxan Cloak, sento il bisogno di una cosa scurissima e buia, difficile e che posso capire solo io. Un antidoto. E mi domando come sia possibile che sempre e comunque il mondo abbia un bisogno urgente e insanabile di Jovanotti. A tutti i livelli. Anche ai concerti delle band italiane indie più compromesse. Di quella forma di simpatia. Che possa immaginare di metter piede in una grande chiesa che passa da Che Guevara a Madre Teresa di Calcutta. Che creda davvero che Che Guevara e Madre Teresa di Calcutta siano orizzontali, assimilabili. Ma per chi ci prende questa gente? Davvero ritengono che si possano rivalutare le canzoni degli 883? Gandhi, San Patrignano, tutti con in mano birra e camogli noi senza fidanzate troie né mogli noi? Mi dispiace, ma non è tutto uguale. Rivendico la necessità delle differenze, dei solchi invalicabili. Del mancato evvabbè concesso per una briciola di successo ottenuto di riflesso o per pietà. Del rifiuto dell’allegria conquistata al sottocosto Lidl, quella che un giorno, mentre ci ricordiamo vagamente degli Husker Du e del fatto che la rivoluzione comincia ogni giorno, davanti allo specchio, ci coglie impreparati e con un sorriso da gibbone. Proprio davanti a quello specchio. E allora, piuttosto, Penso Negativo.

Maurizio Blatto

Playlist

(cose che mi sono piaciute)

 

 

Dischi

 

Moin Ep (Blackest Ever Black)

I Raime che si fanno Slint. Tremate, il post rock sta tornando.

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AA VV Scared To Get Happy (a story of indie-pop 1980-1989) (Cherry Red)

Il box definitivo dell’indie rock inglese. La Bibbia del me ne sto in casa con i miei dischi e che bello fuori piove. Unico difetto: il sistema, diabolico, con cui sono stati sistemati i 5 cd. Una specie di argano in plastica che, ovviamente, ho già spaccato.

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Death In June But, What Ends When The Symbols Shatter? (NER, 1992)

A distanza di anni, un disco impressionante.

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I Camillas Costa Brava (Wallace +)

Geniali e commoventi. Giovane donna sono i Velvet e La canzone del mare è Battisti. Serve altro?

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David Kilgour Frozen Orange (Merge, 2004)

Disco dimenticato del leader dei Clean, registrato con membri dei Lambchop. Dunedin & Nashville. Basterebbe da sola Gold In Sound, delizia pop assoluta.

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Saluti da Saturno Dancing Polonia (Goodfellas)

Visto anche dal vivo, è quasi fiabesco. Cantautorato fiabesco.

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Eleanor Friedberger Echo Or Encore (Merge)

Il disco (Personal Record)  vale nel suo intero, ma questa è una delle canzoni dell’anno. E allora, Eleanor Put Your Boots On.

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I Cani Glamour (42 records).

Un grandissimo, lui. Pop e sguardo interno doloroso.

Roma città, è aperta.

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Libri

 

Emmanuel Carrère Vite che non sono la mia (Einaudi)

Dopo Limonov, un’ossessione. Uno dei più bei libri mai scritti sulla morte.

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Emmanuel Carrère L’avversario (Adelphi)

Come dice l’Autore: “Ho pensato che scrivere questa storia non poteva essere altro che un crimine o una preghiera”.

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Auslander Shalom Il lamento del prepuzio (Guanda)

L’umorismo ebraico è un’arte superiore.

A Dio, ci penso io, parola di Shalom.

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Marcello Marchesi Il Dottor Divago (Bompiani)

Un genio. Ci sono più intuizioni qui dentro che nell’Italia degli ultimi vent’anni.

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Marco Lazzarotto Il ministero della bellezza (Indiana)

Sorriso che si fa storto mentre ti accorgi che è quasi vero. Molto possibile. Tragicamente probabile. Un Orwell sabaudo.

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Altro

 

Anghiari (AR)

Luogo incantevole con una vita culturale straordinaria. Dalla Libera Università dell’Autobiografia a Sei Pezzi Facili.

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Radiazioni Cult

Ogni venerdì dalle 22,00 sulle frequenze di radio Ciccio Riccio.

www.ciccioriccio.it

Live, interviste e programmazione eccellente.

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Quando a Django gli giran le palle e fa una strage in Django Unchained di Tarantino.

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Mea culpa (cose che ho sbagliato)

 

Baustelle Fantasma (Warner). Non capito o quasi snobbato appena uscito, mi è esploso in ritardo. Un disco, soprattutto, di grandissime canzoni.

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Cosmo Disordine (42 records). Gli ho dato 7 su Rumore, ma mezzo voto in più, almeno, lo meritava. Soprattutto dopo averlo visto dal vivo, con le ballerine e la versione acustica di Esistere.

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Privè manifesto

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mauri moz

 

fotografia di Davide De Martis

FuoriLuogo festival San Damiano d’Asti, giugno 2013

davidedemartis.tumblr.com

 

Rumore è il nuovo Rumore

e ha un sito

http://rumoremag.com

ma è soprattutto una rivista di carta.

E le cose che si toccano sono quasi sempre le più belle.

Quindi, ehm, compratelo.

Ma, nel suo vestito nuovo ha perso i Privè.

In forma ancora più autoreferenziale e slegata

(è un Privè, no?), il mio ritorna qui.