Il mondo Backdoor. Contributi sparsi tra playlist,
meraviglie annidate tra la polvere e follie condivise.
Tutto in Via Pinelli 45, Torino.
Satisfaction guaranteed: Pinelli Park
L’Antivirus di oggi è più lungo del solito, ma spero abbiate voglia e tempo di leggerlo tutto.
Abbiamo un ospite: Angelo.
Un amico e un cliente di Backdoor (non solo, direi un protagonista di uno dei momenti più memorabili della storia di Backdoor, come leggerete). Ha fatto tutte le “nostre cose”: radio, scrittura musicale, lavori in un locale dove si suona dal vivo.
Da anni vive a Berlino, ed eravamo curiosi di sapere come fosse la situazione lì.
Quindi, come si suol dire, “direttamente dal nostro corrispondente a Berlino”…
Ciao Angelo, da quanto vivi a Berlino e perché.
Ho visitato Berlino per la prima volta nel 1999 ed è stato un banalissimo amore a prima vista. Appena sceso dal bus, mi sono guardato intorno e mi sono sentito a casa, anche se, o proprio perché, ero arrivato allo Zoo. QUELLO ZOO (Zoologischer Garten). Ho annusato gli odori (merda di elefante e salsiccioni alla griglia) e ho sentito “qualcosa”. Forse era solo colpa delle venti ore di bus, ma per il mio carattere sabaudo era già un’enormità. Con le altre città visitate non era successo.
Come sta gestendo la Germania questa emergenza?
Parola d’ordine: pragmatismo. E non disturbate il conducente. Il virus c’è per restare e prima o poi tutti ne verrete a contatto. Quindi fatevene una ragione. Grazie dell’attenzione e buona fortuna. Questo il succo del Messaggio alla Nazione. Si parla di Coronavirus da mesi anche qui ovviamente, ma iniziative vere e concrete per limitare il contagio sono state prese in maniera massiva e nazionale solo negli ultimi 10/15 giorni. Pare, ma la tesi è dibattuta perché le istituzioni e le casse mediche private comunicano dati e dettagli con il contagocce – e comunque di malavoglia -, che dopo i primi casi di contagio mesi fa vicino a Monaco (prima del pazienze 1 di Codogno) il “sistema” sia partito sotto traccia a fare più tamponi possibile e abbia iniziato a far stare a casa chi era positivo (ripeto a casa e NON in ospedale. In ospedale qui ti accettano solo se hai chiare difficoltà respiratorie, altrimenti te la passi a casa e al telefono con il tuo dottore). Poi per diverso tempo praticamente si è parlato di Coronavirus solo riguardo la Cina e poi purtroppo l’Italia. Bisogna però considerare che la Germania è una Repubblica fortemente federale. Ogni Land ha reagito diversamente. Sono scoppiati dei focolai da migliaia di casi nell’Ovest della Germania subito dopo le feste di Carnevale (non annullate), ma anche in questo caso quello che è stato fatto non è diventato il titolo a nove colonne, anche se localmente sono state definite zone rosse e zone di quarantena. Solo dopo il discorso della Merkel (circa due settimane fa) si sono visti tangibilmente i primi interventi: scuole, asili e università chiusi. Trasporti ridotti. Teatri, club e cinema chiusi. Bar e ristoranti prima aperti con orario ridotto e poi chiusi. Successivamente sono arrivate nuove restrizioni e tutto ha davvero iniziato a rallentare. Attività lavorative, uffici e fabbriche… Ma non pensare a una situazione all’italiana. Per niente. Almeno qui a Berlino. C’è meno gente in giro rispetto al solito ok, ma ce n’è ancora tanta. Dal mio punto di vista troppissima. Nessun divieto a uscire. Puoi andare dove vuoi e quando vuoi ma al massimo in due. Si rispettano scientificamente le distanze di sicurezza ok, ma per il resto… molti bar, ristoranti e kebabbari hanno riaperto almeno fino alle 18, non facendo entrare le persone nei locali ma servendo solo da fuori e in modalità take away. Il che ovviamente spinge la gente a uscire e a incontrarsi. Non tutti i supermercati hanno gli ingressi contingentati, poche persone con le mascherine e ancora meno con i guanti. Tanti ragazzi in giro insieme, feste organizzate in casa pubblicizzate su Facebook, addirittura Coronavirus Party organizzati nei parchi (per fortuna annichiliti dalla polizia). A volte nei negozi ancora aperti vedi la folla. La polizia è più presente si, ma, a parte alcuni check point fissi, passa, controlla, avverte di non fare assembramento e di rispettare il metro e mezzo di distanza e se ne va. Appena gira l’angolo, tutto più o meno come prima. Mentre scrivo i dati ufficiali sono: 63.929 positivi tracciati, 560 morti (nessuno capisce o spiega come e perché così pochi in proporzione) e più di 10.000 guariti. In Italia il 23 marzo i positivi erano poco più di 59.000 e già da settimane c’era il coprifuoco. Noi eravamo molto preoccupati. E anche tutti gli altri italiani, spagnoli, francesi e cinesi che conosciamo qui. Non vedevamo nessuna iniziativa concreta per limitare il contagio. Non vedevano che il sistema sfruttasse in maniera costruttiva il tempo a disposizione prima di raggiungere i numeri italiani. Ora siamo rassegnati. Tanto è inevitabile visto l’andazzo berlinese. In questi giorni di clausura stiamo attraversando tutte le fasi psicologiche possibili e immaginabili. Anche cose nuove che non pensavamo di avere o di manifestare. Pian piano però la rassegnazione e l’accettazione fatalistica sta vincendo su tutto il resto. Resta grande la preoccupazione per i parenti e gli amici a Torino.
Backdoor wird hoffentlich bald wieder geöffnet und die Vinyls kehren zum Spin zurück
Machen Sie weiter in einer freien Welt (vor Viren)
Unterstützen Sie Ihren lokalen Shop.
La morale è questa: togliete dai vostri ascolti Abba e Q65 e fate largo a Compay Segundo, Anna Oxa, Lang Lang, Oscar D’Léon e Stravinskiy.
Chi ci ha girato la schiena (direi prendendoci anche moderatamente per il culo?): Svezia e Olanda, soprattutto.
Ok, in parte anche l’Inghilterra, ma dei loro gruppi non possiamo farne a meno, è già un periodo di ristrettezze.
Chi è arrivato invece qui a darci una mano? I medici di Cuba, Albania, Cina, Venezuela e Russia.
Ecco, non bisogna essere esattamente degli acuti osservatori, per poter dire senza esitazioni: “Grazie Compagni”.
Ho visto oggi il Capo del Governo albanese dire “Non siamo ricchi, ma nemmeno privi di memoria” e qualche giorno fa i camion russi con scritto “Dalla Russia con amore” (e noi continuiamo a mandargli Al Bano in concerto…), gli aiuti venezuelani e i medici cinesi scendere dagli aerei. Ma soprattutto ho ammirato il personale medico cubano in camice con il quadro di Fidel parlare di pueblos unido, di internazionalismo proletario, dire “la nostra Patria è l’umanità”. Mi sono commosso tanto da cercare un vinile degli Inti Illimani da mettere sul piatto (chiunque, in Italia, ne ha uno in casa da qualche parte) , ma poi mi sono ricordato che erano cileni, allora ho virato subito sul cd di Buena Vista Social Club. Alè. Ma non mi sembrava sufficiente, quindi son saltato in piedi sul divano e ho messo la versione dell’Internazionale di Billy Bragg a volumi da parata. Avanti.
Inatteso? Preoccupati di dover cambiare i vostri equilibri geopolitici? Insieme conquistiam la rossa primavera dove sorge il sol dell’avvenir?
Bè, fatevi due conti e, ironia a parte, grazie davvero.
Io mi ricordo soprattutto di voi amici albanesi. Poco dopo lo sbarco a Bari (le immagini, riviste oggi, rimangono sempre oltre l’immaginabile) vi ho accolti con guanti e mascherina, in anticipo su questi tempi, smistati in una caserma dove svolgevo il mio eroico servizio militare. Le vostre donne non parlavano molto ma voi, con un ottimo italiano, mi chiedevate sempre (sempre, sempre), se era possibile avere un televisore dove trasmettessero Telenorba, emittente barese che ogni sera, come molte altre in Italia, mandava in onda “Colpo Grosso”. Lì capii che con voi avevamo già un legame forte e solido, radici comuni, un immaginario tenacemente condiviso.
Cin Cin cin cin quindi, generosi fratelli albanesi.
E un grazie di cuore a tutti gli altri, che sono venuti qui a rischiare la propria pelle, e ad aiutarci concretamente.
“È la lotta finale, uniamoci, e domani L’Internazionale sarà il genere umano”
Mi rendo conto, sembra tutto molto Offlaga Disco Pax.
Il che mi consente, con tutta la consueta goduria, di offrirvi
https://www.youtube.com/watch?v=rCBHtER91yk
(Ciao Enrico, il discorso dei medici cubani te lo saresti goduto alla grande)
Resistete Compagni
Rezistojnë shokëve
Backdoor do të rihapet, shpresojmë së shpejti, dhe vinylet do të kthehen të rrotullohen
Vazhdoni të Rockin ‘Në një Botë të Lirë (nga virusi)
Mbështetni dyqanin tuaj lokal.
Un’altra delle grandi nuove e inattese rivoluzioni dei tempi che stiamo vivendo è la rivalutazione del banale.
O, in alternativa, la neo gozzaniana esaltazione delle piccole cose.
E, in aggiunta, l’entusiasmo con cui accogliamo riti dimenticati o trebbiati via dai tempi “normali” della routine che fu.
Un esempio?
Sei sul divano, semi presente a te stesso, e qualcuno, dalla stanza accanto butta lì “Vuoi far merenda?”. All’improvviso avverti la stessa scossa di adrenalina che ti ha tarantolato quando eri in prima fila per la reunion degli Stooges con Mike Watt. “Ma sai che è davvero un’idea fenomenale? Me la faccio sì la merenda, puttanalamiseria, e sai cosa ti dico, apro anche la busta dei biscotti!”. Salti il divano alla fosbury e hai gli occhi rosso carminio dall’eccitazione. Il tè fumante come nuovo Bloody Mary, i Bucaneve Doria aka nuova grattata di tartufo.
E non si tratta soltanto di abbassare di qualche tacca le aspettative, inevitabile esercizio yoga quotidiano, ma di scoprirsi ebbri di entusiasmo di fronte al palinsesto, appunto, del banale.
“Ferma un attimo, alza un po’…Ma quella in televisione non è La Signora in Giallo? Cristo, sembra interessante, vuoi dire che l’assassino potrebbe essere l’assistente della biblioteca?”. Dopo di che ti siedi e arrivi fino in fondo, mesmerizzato, incapace di un solo movimento. “Robe da matti, la colpevole era la vecchietta che ricamava i cuscini! Ma l’avresti detto tu? Ce l’hai quel librettino gratuito che danno sempre al supermercato? Quello con la nasca di Amadeus perennemente in copertina. Me lo passi? Voglio sottolineare con la biro tutte le volte che danno “La Signora in giallo”. E chi se lo perde!?”. Ti potessero fotografare sembreresti uno sotto anfetamine che sta per accoppiarsi con il suo sogno erotico più inconfessabile. Invece hai appena passato quaranta minuti su Rete 4 con Angela Lansbury. E non ti sei nemmeno alzato per pisciare durante la pubblicità delle micosi sotto le unghie (c’è sempre, insieme alle perdite di urina. Temo abbiano dei dati precisi sul tipo di audience).
Pensi che sia una buona idea fare attenzione alla digestione. La monitori, gestisci con la massima cura. Dormi perché è ora di dormire e basta, teorizzi sulla necessità di avere il tavolino dove scrivi ben spolverato. Ma il guaio, il danno vero, è che provi una sorta di piacere sottile in tutto questo. Non sei soltanto la versione pensionata di te stesso, ma uno che prova un sincero godimento per la banalità di queste cose. Una banalità che tuona sussurrandoti “Tu, lurido stronzo che hai passato una vita a cercare di essere alternativo in tutto, dal rock’n'roll ai contorni da abbinare alle cotolette di pollo, dal tipo di scozzese delle sciarpe fino alle edizioni dei classici tascabili, proprio tu, adesso è ora che ti arrenda. Esci da te stesso e non ti faremo del male, non dovrai indossare una tuta con le ciabatte e nemmeno comprare un cd di balli merengue, ma sarai inevitabilmente condannato ad alzare le mani davanti al mio sogghigno”.
Fa paura? Non saprei, credo vada messo in prospettiva con il dramma che abbiamo fuori.
Pensi al dolore e allora sì, anche Rai1 non ha dei brutti programmi e adesso mi faccio una bella doccia con quel bagnoschiuma Felce Azzurra, che mi fa l’effetto Ratatouille dopo la prima passata.
Quindi oggi volevo proporre qualcosa di originale, ma è domenica mattina e, nonostante sia una domanda classica (dopo “Il tuo disco da sabato sera?” c’è sempre “E quello da domenica mattina?”) alla quale ho spesso risposto con argute segnalazioni, penso che vada bene, benissimo, “Sunday Morning” dei Velvet Underground. Ne sono certo.
Banale. Di più. Meravigliosa Ancor di più. Quindi
https://www.youtube.com/watch?v=Xhbyj8pqUao
Backdoor riaprirà, si spera presto, e i vinili torneranno a girare
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In questi giorni si oscilla tra pallido ottimismo e pessimismo cosmico.
E succede, direi, in maniera avulsa dai dati, dalle previsioni o dai nostri lavori drammaticamente scomparsi.
Ti svegli e capisci, per esempio, che non va.
Ognuno prova a reagire come può, o come crede. Perché bisogna mantenere la calma, le cose van per le lunghe, in fondo stiamo ancora bene, ok, tutto ok. Ma un appiglio devi pur averlo, qualcosa che ti ancori alla vita con un minimo sindacale di sicurezza.
Io, per esempio, mi aggrappo alla pubblicità di Bobo Vieri.
La mia ultima garanzia è lui che si passa una mano sulla guancia e dice “Shave Like A Bomber”.
Se regge quel mondo lì, quella possibilità (temo maschile) di andar dritto, incurante, forse possiamo farcela.
La pubblicità mi ha conquistato immediatamente. La prima versione, qui riportata
https://www.youtube.com/watch?v=_3mU8ob4ct0
trainava un’idea di uomo tagliato con l’accetta, che cerca sempre le soluzioni più rapide e che allora dovrebbe preferire una rasatura più rapida e confortevole. Bobo Vieri, va detto, recita bene. I calciatori nelle pubblicità sono un indizio di come questa gente coperta d’oro verrebbe mediamente bocciata in prima media in una scuola di macachi. Li guardi e realizzi che “crosseranno anche da dio, ma non sono assolutamente in grado di dire una frase di senso compiuto di fronte a una telecamera. Non voglio pensare, se questa è quella buona, alle scene tagliate”
Un esempio, eccolo: Pjanic, Zanetti e (soprattutto) Baresi
https://www.youtube.com/watch?v=uMjjV5xzysE
al netto delle differenze di lingua di due su tre, Vi prego.
Bobo no, ammicca il giusto, cammina sulla sabbia con corretto movimento di spalle, ha un’ottimo stacco di sguardo verso il vicino e poi interpreta al massimo il gesto della mano a pugno con indice eretto che accompagna l’immortale “Shave Like A Bomber”. Applausi.
Molto azzeccata la scelta di “Boombastic” di sottofondo, una di quelle canzoni che hanno istupidito un pianeta per qualche mese, portando il suo autore, nientemeno che Shaggy, un po’ ovunque (e in quell’ovunque, immancabilmente, bisognava ricordare che lui era stato un marines. Sempre).
L’assonanza di Boombastic con Bomber e Bobo è una di quelle meraviglie che rendono una Settimana più Enigmistica che mai.
La scelta del sostantivo/aggettivo/superlativo “Bomber” si rivela cruciale. Bomber, entrato con prepotenza animalesca nel lessico moderno, ci porta in un attimo all’interno di quella condivisione cameratesca simil virile da spogliatoio di calcetto.
Ambiente all’interno del quale sono necessarie unicamente tre parole per descrivere qualsiasi tipo di emozione o desiderio:
1-Minchia
2-Raga
3-Bomber!
Delineato il perimetro, diamo il benvenuto al suo re: Christian Vieri detto Bobo, attaccante solidissimo, che ha vestito (direi sbattendosene) ogni casacca italiana (con predilizione per quelle più odiate dalla precedente) e poi si è consegnato a una vita spesa sulle spiagge di Miami, sempre e immancabilmente ricoperto di figa (vorrei scusarmi con il pubblico femminile, ma l’immagine, per risultare precisa e coerente, non può essere corretta). Chiamalo scemo. Poteva esserci un testimonial migliore di quell’esser uomo (che poi ci siamo capiti, diamo di gomito e alè con la banda di paese in sottofondo)?
Largo quindi al sequel
https://www.youtube.com/watch?v=CKlVDhRRNCI
qui il genio si esplicita nella musica new age con cui lo sfigato tenta di ammorbidirsi la pelle con il vapore.
Basta con queste svenevolezze. Sbabam!! Bobo entra di prepotenza con un muletto (gente che lavora, roba solida, intellettuali sparatevi) dentro il bagno, distruggendo parte del muro. In due secondi manda a casa Salvini e Boris Johnson con le loro ridicole ruspe, quindi si riprende la scena e piazza un “Shave Like A Bomber” da antologia. Attenzione, indugia sulla “e” e arrota un minimo la “r” finale. Nemmeno Tom Waits o Johnny Cash.
Un giorno ho bloccato la pubblicità sul televisore e l’ho rimandata in loop, fino a quando il resto della famiglia non ha cercato di accoltellarmi. Ogni tanto lo urlo dalla finestra “Shave Like A Bomber, Babies” prendendomi una piccola licenza finale, sullo stile di “Kick Out The Jams, Motherfuckers!” degli MC5.
Io oggi sono esausto di interrogarmi sul futuro, di capire, di costruire chissà cosa e per chi.
Vorrei essere monolitico e privo di dubbi.
Vorrei soltanto radermi come un Bomber.
https://www.youtube.com/watch?v=vfKhvzUdJoM
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Oltre alla ricetta per fare il pane in casa, gli sceneggiati di RaiPlay e le mascherine comprate per quando pensavi di dare il bianco in casa e poi non l’hai mai fatto, l’altro grande oggetto di rivalutazione è la cyclette.
Bestia immonda abbandonata in modalità antierotica nelle camere da letto, accumulatore magnetico di polvere, accappatoi e federe da mettere poi nel cassone sotto il letto, la cyclette è tornata di gran moda.
Perché bisogna mantenersi in forma almeno un minimo, altrimenti poi finisce che saremo grassi per le vacanze che, molto probabilmente, non faremo. Non sia mai.
Ci sono i privilegiati delle case con spazio all’aperto, i super tecnici con il tapis roulant tra le mura e quelli che, nove anni dopo averla inclusa tra gli arredi permanenti, saltano alla bersagliera sul sellino della cyclette piazzata davanti alla tv e oplà, macinano chilometri sul posto.
Seguono quelli che passeggiano sui balconi (ormai muti, dovremo rimpiangere Cutugno?) e i disturbati che girano intorno al tavolo (che se non ha una metratura stile Camelot poi vengono il capogiro e il vomito. E attenzione che se lo fate anche solo in due e uno si ferma di colpo, possono essere guai).
Al termine della scala degli organizzati ginnici, ci sono quelli come me. Nulla in dotazione di quanto sopra.
E allora?
Fitness on line, chiaro. Vado qui
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Che cosa inizia a mancarvi davvero?
Non parlo degli affetti, delle persone, nemmeno della vita “normale” evaporata.
C’è una piccola abitudine scomparsa che vi ha visitato all’improvviso?
Magari la replicavate abbastanza spesso, senza dargli peso, quasi in automatico e ora, esattamente ora, dareste qualsiasi cosa per poterla fare di nuovo.
Un rito quotidiano, un gusto inseguito, una scaramanzia svuotata del suo significato.
Tanto ora. Tanto per come va.
Io vorrei nuotare.
Ho sempre amato gli sport di racchetta. Tennis, squash, padel. Ma in questi giorni mi manca la piscina.
Quasi mai ci volevo andare davvero, mi costringevo a farlo. Preparavo la borsa la sera e la lasciavo davanti alla porta. Raggiungevo la piscina il mattino presto. Quando tutto funzionava, alle 7,30 ero già in vasca. Ogni movimento, la stretta successione dei gesti calcolata al risparmio: dovevo solo alzarmi, vestirmi, prendere la borsa, camminare cinque minuti ed entrare nel circolo sportivo.
Quando realizzavo cosa stavo facendo, era troppo tardi per ripensarci, tanto valeva tuffarsi e via.
Mentre uscivo assonnato nelle mattinate invernali mi dicevo sempre “ma davvero, chi te lo fa fare?”.
Mi ripetevo immancabilmente “la prossima volta rimango a dormire, ci puoi giurare”.
Stanotte, in una delle tante notti insonni che credo capitino un po’ a tutti (sto sveglio, tanto posso dormire di giorno, tanto per come va), il desiderio dell’acqua fredda sulla pelle, i rumori ovattati, ciaf ciaf, adesso ne faccio ancora dieci a dorso, l’odore del disinfettante, le vetrate appannate, l’orizzonte delle ciabatte di gomma sopra le piastrelle, tutto mi è parso lontanissimo.
Avrei voluto stringerlo con le mani, ma un desiderio è aria.
Così ho acceso una piccola luce per non svegliare nessuno e ho cercato nelle libreria “Il gusto del cloro” di Bastien Vivès.
Graphic novel bellissima. Tavole e tavole di gente che nuota in piscina, colori verdi più che azzurri, cuffie e costumi. Una storia di sguardi e sincronie, tutti allineati, a ritmo, vasche, vasche, vasche.
Mi sono immerso nelle illustrazioni per molto, troppo tempo, sempre con la stessa canzone in cuffia: “Nightswimming” dei R.E.M. E, quando ho finalmente chiuso il libro, mi sono attaccato allo schermo del computer, per guardare il video. Città anonime notturne e poi i corpi leggeri nell’acqua dove i ragazzi erano entrati di nascosto, i contorni sgranati, le bollicine, la voce di Michael Stipe tra gli archi e il pianoforte. Nessuna chitarra. Forse anche nessuna emozione, solo la sensazione di essere leggeri, probabilmente di scomparire.
La bilancia con cui misuriamo il valore di quanto abbiamo perso è uno strumento ancora senza istruzioni.
Proviamo goffamente a ricostruire dentro, qui dentro dove siamo ora, ciò che ci definiva, la piccola impalcatura di gesti e spazi dove fino a poche settimane fa ci muovevamo lievi e inconsapevoli. Senza sapere davvero cosa stessimo forse sciupando.
Ora sbracciamo al buio.
Come se stessimo nuotando di notte.
https://www.youtube.com/watch?v=ahJ6Kh8klM4
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Ma se sto sul divano, con un disco di sottofondo, sono il solito immaturo perditempo oppure un encomiabile cittadino che ottempera in silenzio e stoicamente alle direttive? E se leggo senza fiatare per sette ore consecutive, questo fa di me il consueto soprammobile con la testa altrove o un abile gestore del proprio autocontrollo? Se alla (semi) richiesta “Oggi facciamo le pulizie” controbatto con un risoluto “Sì, ma soltanto salotto e cucina, così abbiamo ogni giorno qualcosa da fare” mi rivelo per quello che sono, un fancazzista svicolone, oppure uno stratega domestico degno di un Rommell da tinello? E poi, uno si deve cambiare ogni giorno o può mantenere il suo look da sopravvissuto? Il letto lo facciamo comunque con trigonometria militaresca o tanto vale? Se vado a dormire alle 2 e mi sveglio alle 10, è lecito che chi fa il turno di sonno dalle 10 alle 8 mi guardi con disprezzo? E dato che tutti si son già fatti crescere la barba, come la mettiamo con il look alla “Cast Away”? Pasta in bianco con un accenno di parmigiano risulta in linea con un saggio uso degli alimenti acquistati o è la solita trasandatezza di uno cresciuto a scatolette di tonno, maionese e grissini?
Insomma il senso è questo: quali sono i nuovi contorni della pigrizia?
In che cosa ormai siamo legittimati a ciondolare senza sentire la mannaia degli iperattivi che si abbatte in mezzo alle nostre orecchie? Noi bradipi d’appartamento potremo vantarci delle nostre reazione fisiche rallentate in omaggio a un cervello allenato alla fuga? Questo periodo varrà come moratoria assoluta o saremo comunque sempre quelli umiliati dal marito della collega che, “non so se l’hai saputo”, ma ha cambiato il sifone del lavello, riparato il ventilatore a pale, controsoffittato la camera dei ragazzi e ritinteggiato l’alloggio intero (e tutto da solo)?
Dio, quanto vi invidio, mi fosse mai capitato di sentire un brandello di una conversazione tipo “Non so se hai saputo, ma il mio (inserite il vostro nome) sa citare tutti i 12″ degli Style Council anche al contrario, bendato e fatto girare sul posto”.
In conclusione, il fatto che mi si possa confondere con l’ambiente circostante è un pregio d’arredo o un’evanescenza molto poco Steven Seagal? Se non sembro una tigre in gabbia, ma piuttosto un panda con la Nivea sulle zampe, mi devo vergognare?
Chissà. Ridefinite i perimetri. Guardatevi, cosa siete?
1-risposta inglese
everybody’s going crazy I don’t care I’m so lazy
https://www.youtube.com/watch?v=lot0i7Fz9pE
2-risposta italiana
col tuo schifo di educazione
https://www.youtube.com/watch?v=x-3JIxlW5mI
e ora, aggiornamento OGGETTO DISPETTO
1-What’s this?
Cosa rappresenta? Cos’è realmente? Mistero. (courtesy by Franco C.)
2-David (Bowie?)
Un simpatico David di Michelangelo in versione Hulk glam. (Marco)
3-La tripletta di Fabio C.
a-La bambina shoegaze
Non so da quale reparto psichiatrico per porcellane depresse sia arrivata sulla mia libreria, ma è lì da sempre. Una volta ho provato anche a contattare un ceramista per farle costruire una mini chitarra su misura e una pedaliera carica di delay e riverberi, perché ho l’impressione che quando ascolto i My Bloody Valentine provi piacere. Nel lago di noia di questi giorni, sto meditando di farle ascoltare Bob Marley nella speranza di causarle una liberatoria esplosione eutanasica.
b-Il vhs-dvd (aka la porta spazio temporale)
Da sempre addetto all’accumulo di polvere sotto il televisore, nessuno ha mai avuto il coraggio di collegarlo alla presa elettrica. La leggenda narra che possa trasformare le vecchie videocassette in dvd ma ormai è tardi per scoprirlo, non esistendo più né le prime né i secondi. Resta comunque una macchina prodigiosa e misteriosa, potenzialmente in grado di convertire il passato remoto in passato prossimo. Secondo alcuni ricercatori, se collegato tramite appositi elettrodi da apporre sul cranio, lo spettatore potrebbe assistere a distopici crossover tra anni ’80 e anni ’90, tipo Michael Jackson che balla con gli zombie sulle note dei Massive Attack. E viceversa.
c-Bobby Solo in quarantena
Di questi ne avrei decine, finiti in casa mia grazie ai tempi felici in cui ci si poteva accalcare di fronte alle bancarelle dei dischi usati scambiandosi il virus del collezionismo compulsivo. Questo di Bobby Solo è in heavy rotation casalinga dall’inizio della prigionia antivirale: il lato A lo metto su le mattine in cui devo andare a lavorare e mia moglie mi saluta sulla porta come se dovessi partire per la Guerra di Corea. Il lato B si infila nel giradischi da solo, per dispetto, generalmente dopo il terzo giorno consecutivo di quarantena.
Backdoor riaprirà, si spera presto, e i vinili torneranno a girare
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“Ciao, non so se ti ricordi di me, ma ci eravamo conosciuti nove anni fa a una tua presentazione, ero quello con l’accappatoio dei Jethro Tull, forse questo particolare ti aiuterà. Ho trovato per caso la mail che mi avevi lasciato, spero sia ancora attiva. Ne approfitto per mandarti questo link, dentro ci trovi una mia improvvisazione di 86 minuti per sintetizzatore, fisarmonica e basso tuba. Mi farebbe piacere un tuo schietto giudizio, tanto immagino che in questi giorni non avrai molto da fare!”.
“Carissimo, anche se non ci sentiamo dalla tua prima comunione, mi faceva piacere mandarti in pdf il mio debutto letterario. Eh sì, ce l’ho fatta! Si tratta di un giallo tipo quelli nordici, ma con sfumature erotiche, incentrato sulla crescita parallela di due amiche napoletane, che poi vengono arrestate in un commissariato di Vigata e quindi scappano in mare su una nave che insegue una grande balena bianca. La trama è piuttosto innovativa. Non ho ancora trovato un editore, e mi farebbero molto piacere un tuo consiglio e, soprattutto, un tuo parere. Sono 1837 pagine, che spero leggerai tutte in un soffio, tanto in questi giorni immagino tu non avrai molto da fare!”.
“Buongiorno Spero che questa mia lettera non la colga di sorpresa. Ci siamo conosciuti casualmente nel 1981 mentre andavamo a funghi. Molte cose sono cambiate da allora. Ho scelto anni fa di diventare frate e vivo recluso in una minuscola grotta all’interno del convento di Pieve Castagna ormai da due lustri. Per motivi che solo Egli conosce, lei mi è apparso in sogno mercoledì notte, da qui il mio desiderio di contattarla al suo indirizzo, che conservai nella busta insieme ai funghi prataioli e piopparelli. La prego di informarmi sulla sua condizione e di vergare qualche illuminata riga sulla sua visione del mondo, di chi siamo e del perché indossiamo con tanta frequenza ciabatte di velluto. Sono Grandi Temi, me ne rendo conto, ma attendo umilmente la sua risposta che, sono certo, arriverà con immane solerzia, tanto immagino che in questi giorni non avrà molto da fare!”
E questo, è solo uno sparuto campionario.
Fioccano richieste ovunque, dirette da radioamatori alpestri, live streaming con dibattito sull’uso dello scalogno a colazione, rassegne stampa notturne con approfondimenti sui primi singoli di Santino Rocchetti, videochiamate di parenti messi al bando dopo controversie legate a proprietà comuni di garage e canali di scolo, telefonate di proposte d’abbonamento a riviste di caccia alla pernice. Di tutto.
E tu? Come fai a dir di no? A replicare che sei indaffarato? Oberato di impegni?
Niente, tu sei chiuso in un angolo. A casa, e quindi drammaticamente disponibile. Ci devi essere per forza. No escape.
Mail, whatsapp, telefonate, sassate sui vetri. Devi rispondere a tutto. Tanto cos’avrai mai da fare?
Le giornate stanno diventando un inferno, devi fingere di esser svenuto per sottrarti a questa specie di contrattacco. Ma dove sono finiti i gloriosi giorni de “ora non posso, ma appena rientro provo a darci uno sguardo” o del “davvero adesso no, sono sommerso di lavoro e tra poco devo uscire per un impegno”?
Ecco, sono arrivate due notifiche whatsapp esattamente in questo istante. Ho già paura.
Chi può essere adesso?
https://www.youtube.com/watch?v=SECVGN4Bsgg
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Le cose non vanno benissimo, purtroppo. Quindi, come spero sia ovvio, voglio ricordare che questa piccola area di decompressione giornaliera mette spesso in risalto “problemi” legati all’isolamento domestico e alle nuove dinamiche di sopravvivenza, ma so bene che voi che siete là fuori per motivi diversi, fronteggiate ben altri tipi di difficoltà. Mi auguro che tutto questo non sia in qualche modo offensivo e riesca, anche solo per qualche minuto, a strapparvi un sorriso.
A puttanata a day keeps the doctor away. Almeno spero.
Detto questo, richiamerei la vostra attenzione su un nervo scoperto della nostra nuova quotidianità.
Come in tempo di guerra, chi vive in campagna o ha un minimo di spazio esterno, se la passa un po’meglio.
Ma in città, dentro gli appartamenti, iniziano a esserci dei guai.
Io vorrei assoldare un tecnico della balistica, quei tipi in camice bianco che analizzano le traiettorie dei proiettili e, dopo attenta e silenziosa analisi, pontificano senza esitazioni: “è stato il geometra del quinto piano, da dietro le begonie, con una balestra comprata durante una gita organizzata dall’Uni 3 a San Marino”. Lo vorrei qui, altro che sulla scena del crimine e non solo per me, ma per l’insieme dei nostri interi nuclei familiari. Per capire una volta per tutte com’è possibile che esattamente nello stesso momento in cui io vado a prendere un bagnoschiuma nuovo nello sgabuzzino, mia moglie entra per riempire la lavatrice. Ah, no, prego, vai pure tu. Qual’è la bisettrice impazzita che ci porta tutti (tutti!) nello stesso istante a tentare di entrare in bagno per fare la doccia? Come può capitare che, esattamente venti secondi dopo che ho messo sul piatto un vinile di Miles Davis, partano il phon di mia figlia e l’aspirapolvere innescato da mia moglie (dal che si evince, inequivocabilmente, lo so, che io non faccio una mazza e lei lavora). Perché anche se non puntiamo la sveglia finiamo per dover fissare i turni come in FIAT per fare la colazione? E poi, c’è una specie di guru naturista new age metafisico che può spiegarmi perché al mattino io ho l’innata simpatia facciale di un Travaglio in collegamento Gruber, mentre gli altri sprizzano allegria? E poi sarà mai credibile che ci si colleghi collettivamente tutti a Netflix nello spazio di tredici secondi causando un’immediata guerra dei Balcani in miniatura per stabilire chi deve sganciarsi? Chi ha nascosto il telecomando? Sei stato tu a finire i Tuc (chiaro, sì)? Chi ha aperto la busta dei biscotti come Edward Mani di Forbice? Perché mai nessuno mette una bottiglia d’acqua nuova in frigo quando ne finisce una? Cosa ci fai in camera da letto adesso? Ci vivo, cazzo, è casa mia! Dovevi spostarlo proprio qui in mezzo lo scatolone? Non era mia intenzione. Passa pure, prima tu, ma sei scemo, cosa fai spingi?
Ho reso l’idea?
Ma temo che dovremmo inventarci nuove abilità motorie, mimetizzazioni da giungla di Saigon urbana, scivolare come i giapponesi sulla metropolitana di Tokyo, calcolare gli spostamenti, piazzare dei tabelloni con orari e annotare presenze tipo “Ore 17:00, tv prenotata per recupero vecchie puntate di Walking Dead, pregasi sgombrare area salotto. Grazie”.
Può funzionare?
Speriamo, anche se l’ingorgo nello sgabuzzino temo sia inevitabile.
e quindi
https://www.youtube.com/watch?v=CeF_BH-sYJk
Backdoor riaprirà, si spera presto, e i vinili torneranno a girare
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Nel frattempo… (a gift from my lovely wife)
L’ultima volta che abbiamo cambiato casa mi sono domandato quale fosse una caratteristica alla quale, potendo, non avrei voluto rinunciare.
Un piccolo pezzo di giardino? Per carità, che poi mi tocca curarlo, rischio di amputarmi un arto con qualche attrezzo, mi porta in faccia i moschini e va a finire che in preda ai “nervi” piastrello tutto come un parcheggio del Lidl.
Una stanza tutta mia solo per dischi e riviste? Utopia assoluta, lasciamo perdere.
Riscaldamento autonomo? No, grazie, già dato. Nell’alloggio precedente vivevamo come due nudisti a Norilsk (Siberia, temperatura di -25 mentre scrivo)
Cantina spaziosa? Mio malgrado, no, quello che non sta con me, va buttato. Quaderni scolastici (ma perché mai li conserviamo? soprattutto quelli di matematica?) o vecchio costume di Zorro Carnevale 1974 (privo di spada in plastica nera) inclusi.
Alla fine la mia richiesta è stata questa “Gradirei niente balcone, potendo”.
Perché?
Soffro di vertigini in maniera mostruosa (quando vidi “The Walk”, il film sul funambolo che attraversa su un filo le Torri Gemelle, svenni dal divano e mi accasciai sul tappeto come le coperte di pile, con un debole scintillio nel buio più totale), non ci mangerei sopra con sedia e tavolino nemmeno se mi invitassero con un AK47, odio quel ciarpame che abitualmente si ammassa sopra e mi tocca vedere dalle finestre, non gradisco quel tipo di socialità alla Anna Magnani che ti porta a conversare con i dirimpettai.
Il solito orso snob.
Il che mi mette in difficoltà con questo Movimento dei Balconi quotidiano.
Va tutto bene, ci mancherebbe, quello che influisce positivamente sull’umore e allontana da noi l’idea di abbandono non è oggi criticabile, ma due parole sulla playlist degli appuntamenti canori balconari delle 18, il mio ruolo di critico musicale mi impone di doverle dire.
In Inghilterra, riportano le news questi giorni, si sono affacciati e hanno cantato “Panic” degli Smiths.
Io non pretendo tanto, ma ecco qualche timido rilievo.
“Volare” ok, Modugno, tradizione italiana. “Azzurro”, benissimo. “Il cielo è sempre più blu” di Rino Gaetano, nessun problema. “Bella Ciao”, doppio valore in questi tempi di (differente) resistenza, va bene. Non dico nulla sull’inno italiano. Però qui in due giorni è partita una doppietta incomprensibilmente romanesca: “Tanto pè cantà” di Nino Manfredi e “ma che c’è frega, ma che c’è ‘mporta, se dentro il vino…”. Io vivo in centro a Torino, non a Trastevere, intanto, ma poi dovremmo riconoscerci tutti in “e noi je dimo e noi je famo, c’hai messo l’acqua e nun te pagamo?”. Ma questo è niente, mi sono toccate anche “L’Italiano” di Toto Cutugno e, a seguire, “Despacito” a volumi da parata del Ventennio. Ora, io non so più cosa dire su “Despacito”, ma davvero no, vi prego. Persino Pavarotti (o era Bocelli, chissà?), ma “Despacito” no. C’è gente che mi scrive che ha subito un’ora di hit di Cocciante senza time-out, un mash up agghiacciante tra “Il carrozzone” di Renato Zero e “Questo piccolo grande amore” di Baglioni (se capitasse qui, invito sin da ora mia moglie a legarmi alla lavatarice, prima che commetta un gesto inconsulto), tre giorni fa tutti a urlare “Felicità” di Al Bano e Romina. Ragazzi, occhio che qui la faccenda va per le lunghe e bisogna darsi una regolata, altrimenti facciamo tutti la fine di uno che ho visto una decina di balconi oltre la mia finestra che è uscito seminudo e ha urlato istericamente, e senza pausa alcuna”, “Stella Stai” di Umberto Tozzi per un paio di minuti. Sono segnali che vi invito a non sottovalutare. Se andiamo avanti così inizieranno a spuntare i cecchini tra i coppi delle tegole, potete scommetterci (io, in mimetica, se parte la mania di “Caruso”, garantito). Quindi, non pretendo che alle 18.00 usciamo tutti e facciamo scattare all’unisono “September Gurls” dei Big Star, anche se mi piacerebbe, ma insomma si accettano proposte, anche fieramente popolari (Battisti!), per alzare il livello di almeno due tacche rispetto a “Despacito”.
E visto che, bene o male, tutti iniziamo a dare qualche segno di squilibrio, la mia proposta per i balconi a venire è questa (mi raccomando le movenze):
https://www.youtube.com/watch?v=9Gc4QTqslN4
ovviamente io darò il mio contributo al riparo, dietro una finestra.
Papa-Oom-Mow-Mow a tutti
Backdoor riaprirà, si spera presto, e i vinili torneranno a girare
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