Per capire quanto segue, bisogna aver letto questo.
http://www.backdoor.torino.it/?p=1608
E se torno sulla faccenda (di scarsissimo interesse condiviso, mi rendo conto) lo devo ai molti che mi hanno scritto dal non è possibile al fammi sapere come va, vorrei provarci anche io.
A chi mi guardava come un esperimento sociologico ardito, tra il consenso (“Bravo, fai bene. Ma io non me la sento di lasciare la domenica vuota”) e la disapprovazione (“Picio, ma cosa fai? Hai mica ammazzato nessuno!”).
Bè, non ce l’ho fatta.
Ci sono ricascato.
Me ne sono accorto nel momento in cui ho riservato un’attenzione quasi erotica alla partita Austria-Ungheria degli Europei.
Mi piaceva veramente, ho provato un sincero interesse per l’espulsione di Dragovic.
Aiuto, mi son detto in un momento di lucidità.
Lì ho realizzato che non ne sarei mai venuto fuori, che non aver guardato più una partita e cercato di evitare qualsiasi commento sul Toro era stato uno sforzo fatto a denti stretti, ma vano.
Il tacchino freddo cominciava a scalciare e la scimmia a ridere.
Così ho seguito il resto degli Europei fino alla semifinale con la Germania e ho pensato, come tutti, che Nino, hai veramente rotto i coglioni e abbi paura di tirare quel calcio di rigore. Cagati pure sotto, ma vai lì, piazza la palla e ficca una castagna come si deve. E sappi che è anche da questi particolari che si giudica un giocatore, dai nervi saldi e dalla affidabilità. Per l’estro e la fantasia ci sono sempre i giardinetti.
Detto questo, mi sono arreso, ma la mia riconsegna al mondo calcistico ha beneficiato dell’astinenza prolungata.
Quando abbiamo perso con il Milan ero ancora al mare e sapevo perfettamente che il rigore procuratoci all’ultimo secondo l’avremmo sbagliato. Il Toro è così, architetta sempre con fatica la circostanza migliore per la fregatura somma.
E apprezzo le camicie di Hart, Il Gallo, le tre pappine rifilate alla Roma, le due alla Fiorentina e le quattro al Palermo (per non parlare delle due servite dagli Spurs ai Citizens…) e una squadra che finalmente gioca a qualcosa che assomiglia al calcio e non a una lezione di geometria (primo livello), ma sto al mio posto.
Ordinato.
Insomma vedo e sento, ma con distacco.
Per adesso va così.
È pazzesco, ma non mi imbestialisco duro o esalto vanamente, diciamo che “seguicchio”.
Poi chissà, magari tornerò a essere paonazzo e a mordere il marmo con i denti, ma per ora mi sento persin umano.