buon anno, amici

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Ecco una bonus track.

Lo so, stasera danzerete e avrete a che fare con dj più o meno improvvisati.

Mi auguro che vi passino Shine A Little Love dell’Electric Light Orchestra, sono certo che darete il massimo.

https://www.youtube.com/watch?v=GJuTIxwQw0k

Sotto potete leggere un mio vecchio MyTunes su di loro, spero gradirete.

MyTunes è la mia rubrica storica su Rumore

http://rumoremag.com/

A proposito, secondo me è stata una grande annata per la rivista.

Lo dico sul serio, qualitativamente senza pari.

Compratela, abbonatevi, dai.

Comunque Buon Anno a tutti.

Fatevi onore

E grazie

Maurizio

elo

 

 

 

 

My Tunes

di Maurizio Blatto

 

Shine A Little Love

Electric Light Orchestra

 

“Sei stato selvaggio, un tempo. Non lasciarti addomesticare”.

(Isadora Duncan)

 

“Al limite, portati gli E.L.O.”, questo il saggio consiglio del mio subappaltatore: Tony, in arte D.J. Hooker, abile gioco di parole (apprezzato da tutti) su T.J. Hooker, il poliziotto del telefilm anni ‘80. Tony era un riempipista totale ed era stato ingaggiato per un compleanno in un locale affittato per l’occasione, appena oltre il centro cittadino. “Ho il matrimonio di mia cugina, vai tu al posto mio, è una serata facile, gente senza pretese. Al limite, portati gli E.L.O.” All’epoca io mi esibivo come D.J. Salinger, abile gioco di parole (compreso da nessuno) sullo scrittore J.D. Salinger ed ero uno svuotapiste totale, il classico appassionato che confonde le proposte radiofoniche notturne con le giuste pretese ginniche dei danzatori. Ma i soldi mi facevano comodo e accettai, mettendo in borsa Discovery dell’Electric Light Orchestra. Quel disco è un killer, va detto. Ha almeno tre singoli bomba e la sua zuppa Beatles + disco + archi + assoli da session man + prog britannico è talmente improbabile da affascinare in partenza. E poi Jeff Lynne, con il look immutabilmente peloso e gli occhiali da Fiat 128 Rally non può non ispirarti simpatia. La festeggiata, una donna la cui solida avvenenza sembrava non interessare nessuno, si aggirava nervosa per la sala, tristemente agghindata come una festa delle medie per quarantenni, e mi indicò la mia postazione giubilandomi con un minaccioso “Mi raccomando”. I segni della tragedia erano tutti luminosamente evidenti, cabaret di panini dolci (salame e un velo di burro, persino la capricciosa già vermiglia), alcuni festoni refrattari allo scotch, seggiole da sede periferica di partito allineate e invitati privi di qualsiasi amalgama. Iniziai a sudare. Feci girare i primi vinili, musica di sottofondo, azzardai un Aztec Camera, che venne accolto senza nemmeno un cenno di comprensione, e proseguii incurante, con la cuffia appoggiata su un solo orecchio, indizio inequivocabile, insieme alla birra affiancata al mixer, che ero uno che la sapeva lunga. Nessuno ballava, chiacchieravano con la tensione tipica delle occasioni in cui sottilmente si inizia a domandarsi “Ma alla fine, qui succede qualcosa?”. Si avvicinò uno che riconobbi all’istante come un dirigente di Rinascimento Proletario e mi guardò con disgusto. Esplodeva Curtis Mayfield e lui mi chiese “Stasera la musica è tutta così?”. Quanti dj (veri) si sono sentiti rivolgere questa domanda? Plotoni, immagino. Così come? Che cazzo vuoi, Claudio Lolli? Gradisci accomodarti tu qua dietro ad allietare questa manica di disgraziati? “Tranquillo, ora ci scaldiamo”. Perfetto, parlavo già come il portinaio di Cecchetto. Iniziai a guardare il disco degli E.L.O. e a interrogarmi su quale pezzo scegliere. Misi però London Calling dei Clash e all’improvviso, come scosso da un esperimento di Tesla, uno si catapultò al centro della pavimentazione e iniziò a ballare in modo scomposto. Mimava i riff di chitarra e serpentaggiava più veloce della musica, un presobene, si direbbe ora. Bravo Snodarello, tu sì che mi dai soddisfazione. Anche il dirigente di Rinascimento Proletario sembrò gradire e capii di avere la situazione in pugno. Ma la smarrii all’istante con l’azzardo di un Talking Heads (Once In A Lifetime, direi) filologicamente inoppugnabile, apprezzata però unicamente da Snodarello, al cui confronto David Byrne appariva un tramezzo di onice. La pista era Piazza Tienanmen, io il carrarmato, Snodarello l’eroe, intorno il nulla. Avrei voluto telefonare a Tony, strapparlo dai parenti e dal taglio della cravatta, e portarlo qui all’istante. T.J. Hooker avrebbe saputo come sbloccare il dramma, io distinsi il profilo di Alles Ist Gut dei D.A.F. nella mia borsa e capii di essere un disadattato sociale. Un invitato la cui nullità seduttiva l’aveva fatto sembrare un ingegnere a dodici anni per poi coglierlo ragioniere nella bara, attraversò diametralmente lo zero abitativo della sala da (non) ballo, con la stessa tenacia di un figurante di Walking Dead in attesa di essere ingaggiato trent’anni dopo. Il segnale andava interpretato, quindi misi mano agli E.L.O.. Mixai con la grazia di un carpentiere e sparai dritto Shine A Little Love, giusto perché era la prima e non potevo permettermi di perdere tempo. Era la mia occasione residua e fece clamorosamente centro. Probabilmente tutti sapevamo di essere al capolinea, quella canzone era l’ultima stazione di rifornimento e facemmo tutti il pieno, per darci fuoco. Gli E.L.O. misero insieme synth, bassone funky, violoncello, falsetto, chitarre californiane, battimani e uuuhhh assortiti. Tutto dentro, ma sì. Gli invitati ballarono senza nessuna esclusione, persino una che si lamentava della sua carriera di bidella e aveva confrontato i turni di ferie con un presunto collega dai mocassini di pelle di ratto, si lanciò senza esitazioni. Snodarello era un dio pagano e le sue movenze attirarono nella mattanza del divino sculettare anche la festeggiata, finalmente al centro di quel microcosmo senza speranze. Tirò su la gonna centimetrandola sopra il ginocchio: avevo vinto. Jeff Lynne diceva hai fatto brillare un po’ d’amore nella mia vita. Sante parole. Dovetti rimetterla da capo almeno sette volte. Nel “bianco” della puntina che tornava all’inizio tutti urlavano uuuhhh e battevano le mani. Il dirigente di Rinascimento Proletario era sudato come un beluga appena emerso dalle acque e distinsi addirittura un biondo esangue in pantaloni di velluto che beveva a canna dalla bottiglia del Ginger battendo il tempo con il piede. Sono soddisfazioni. Tutti diedero il massimo, come gli E.L.O., sfasciarono la gabbia di remore e azzannarono la vita, buttando tutto dentro, umori, odori e ardori. All in. Me ne andai battendo il record di dj che ha messo più volte nella serata lo stesso brano, mi pagarono e ricevetti anche una fetta di torta incartata accuratamente, come si fa nelle famiglie per bene. Mi concessi il lusso di un uuuhhh poco dopo aver salutato. Tutti risposero all’unisono sorridendo. Fu il punto più alto della carriera di D.J. Salinger, certificato dall’ultimo sguardo che buttai a Snodarello e alla festeggiata, attaccati e vibranti al soffitto, come due pipistrelli uniti in sacro rito dal Super Attak Power Flex. La vita è una cosa semplice, non abbiate paura. Al limite portatevi gli E.L.O.

 

Discovery è il disco numero otto della Electric Light Orchestra. Uscito nel 1979, ha venduto cifre spropositate grazie anche a sberle come Last Train To London, Don’t Bring Me Down e, ovviamente, Shine A Little Love. Gli E.L.O. sono il guilty pleasure che (forse) non sapevate di avere.