Backdoor Antivirus 32

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Un amico ha lanciato una di quelle sfide che ci distraggono in questi giorni: stilare una lista di film in tema con quello che stiamo vivendo. Cinematografia survivalista. Tra i titoli suggeriti da chi ha partecipato c’era anche “Fino alla fine del mondo” di Wim Wenders. Non ho un buon rapporto con Wenders, devo ammettere che, sostanzialmente, non lo capisco quasi mai. Gli esordi rappresentano per me un mistero assoluto, ma mi sono ostinato a vedere sempre i suoi film, con risultati alterni e dubbi irrisolti. Ma “Fino alla fine del mondo”, in effetti, oggi acquista un valore differente.

Il mondo è davvero finito? No, ma quasi.

In sostanza è terminato il mondo al quale facciamo riferimento, un insieme di produzioni culturali che ci nutrono e definiscono. Le “novità” musicali, cinematografiche e letterarie sono assenti, in pausa. Un vuoto d’aria che fa sobbalzare le nostre abitudini. Ci spaventa anche? Non direi. Perché siamo abitualmente in ritardo, abbiamo capitelli corinzi di libri impilati che attendono il nostro tempo libero, quintali di cinematografie da recuperare, acquisti ancora incellofanati di band meravigliose confinate al silenzio.

Il quesito sottile che forse avete cullato anche voi è stato “Ok, per me va bene così. Mi basta quello che c’è”. Una tentazione senile (a 20 anni non ti è sufficiente un bel niente), dettata da un desiderio di controllo, dalla paura di essersi persi qualcosa, un riverbero estremo della tanto celebrata “Retromania” che colpisce tutti. Dobbiamo fare i conti con quello che abbiamo, ma è già moltissimo, quindi niente più novità, grazie. Desideriamo cose, ma tra quelle prodotte finora. C’è tanta bellezza che rischiamo di lasciarci dietro.

Mostruoso, a pensarci. Seducente e tranquillizzante, a pensarci ancora.

A incrociare questi dubbi sono arrivati un paio di messaggi da altri amici, che mi informavano tristemente che era mancato Hal Willner, il grande produttore responsabile, tra gli altri, di magnifici tributi a Nino Rota, Mingus, Monk, alle musiche della Disney e a Kurt Weill. Se l’è portato via il Coronavirus, a 64 anni. Il suo ultimo tweet, alludendo a classifiche e desideri, diceva più o meno “Ho sempre voluto avere un Numero Uno, ma non questo” e allegava una mappa del contagio negli Stati Uniti. Confermava poi di essere a letto a New York, nell’Upper West Side. Ho pensato fosse un buon modo, ironico e amichevole, di salutare e andarsene, e mi sono anche ricordato che aveva curato proprio lui la colonna sonora di “Fino alla fine del mondo”. Quindi sono andato a cercarla nella mia discografia. Ma quando l’ho presa in mano ho realizzato che ricordavo male e che mi sbagliavo del tutto. Possibile? Ma come potevo essermi confuso? Non ho più il controllo del Mio mondo? Quindi basta? Va bene così? Possiamo fermarlo davvero per quanto mi riguarda? Abbiamo “già dato” fin troppo? Un pensiero utopico quanto indegno? Lo è. Perché sarebbe immondo pensare che il futuro non abbia più nulla da offrirci. Stupore, magnificenza, insolito. Sfruttiamo questa pausa, ma nel frattempo alleniamo il gusto e la curiosità. Attendere valorizzerà la ricompensa.

In ogni caso ora sei davvero “Perso nelle stelle”. Quindi, So long, Hal.

https://www.youtube.com/watch?v=NXItZTgWGes

lost-in-the-stars

Backdoor riaprirà, si spera presto, e i vinili torneranno a girare

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