Backdoor Antivirus 37
La prima volta che andai negli U.S.A., nei primi anni novanta, entrammo in contatto con la comunità italo-americana del Connecticut.
Tutti furono molto gentili con noi, qualcuno ci ospitò in casa sua, altri ci invitarono a mangiare gli scampi in un piccolo ristorante del New England, una coppia ci portò a sue spese ad Atlantic City. Avevano tutti un’immagine da dopoguerra dell’Italia, ma erano curiosi e si erano sinceramente affezionati a noi in pochissimo tempo.
Un giorno ci dissero che il decano della comunità italo-americana locale desiderava conoscerci.
Ci vestimmo al meglio delle nostre possibilità e aspettammo su un prato verde scintillante di una di quelle bellissime e placide case che passassero a prenderci in macchina. La residenza dove eravamo attesi era bianca e solenne e il proprietario vestito come un gentiluomo italiano di cinquant’anni prima. Abito elegante marrone, gilet e cappello. Era molto, molto anziano e magrissimo. Seduto dietro una scrivania, ci fece accomodare e volle sapere tutto di noi. Si esprimeva come un personaggio di Scorsese, in un misto di inglese e dialetto d’origine. I suoi gesti erano lenti, consci di poterselo permettere. Anche lui si dimostrò molto gentile e, prima di congedarci, con gli occhi piccoli e scintillanti, ci annunciò che avrebbe preparato lui stesso, e in nostro onore, un vero cappuccino italiano.
Ci accomodammo in una cucina soleggiata e gigantesca, dove troneggiava una macchina Faema professionale da bar, che lui aveva fatto arrivare appositamente dall’Italia. Armeggiò per un po’ e con evidente fatica, ma poi ci servì due cappuccini fumanti su un tavolo bianco immacolato. Ci disse “I like them very very much dolce” e quindi scoccò un bacio.
I cappuccini erano, in pratica, gelato allo zucchero con una spruzzatina di cacao. Densità estrema, glicemia oltre l’immaginabile. Un diabetico avrebbe salutato i parenti dopo il primo cucchiaino. Noi lo bevemmo (masticammo, direi meglio) tutto e ringraziammo con ampi gesti, confortandolo che “un cappuccino così buono, non lo avevamo mai gustato nemmeno in Italia”. Lui fu felice e, poco più tardi, ci salutò con la mano davanti al portone d’ingresso fino a quando non sparimmo dalla sua visuale.
Un pomeriggio del 2002, credo, stavo camminando in una via centrale della mia città e all’improvviso sentii un’improvvisa sensazione di leggerezza. Tutto subito non capii che cosa fosse, ma poi mi fu ben chiaro che, alla fine, ero riuscito a digerire il cappuccino di quell’uomo.
Che credo sia ancora vivo e abbia almeno 139 anni.
Il suo nome era Joe Pasquino.
E allora? direte voi.
Niente, è che dopo Pasqua e Pasquetta, volevo fare anche Pasquino.
E per oggi, è tutto.
https://www.youtube.com/watch?v=XAS2m-1pgt0
Backdoor riaprirà, si spera presto, e i vinili torneranno a girare
ma se volete, siamo attivi per le spedizioni!
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