Esco a comprare La Stampa.
Mi metto a un metro di distanza dalla signora in abiti ultra borghesi che, di fronte a me, sta pagando l’edicolante.
O almeno mi illudo che sia così. Che paghi.
Perché in realtà sta allegramente parlando al telefono.
Ha un cane.
O almeno mi illudo che lo sia. E’ grosso come un rollè di tacchino, una faccia da stronzo e mi abbaia contro. Forse riconosce in me lo sdegno con cui lo osservo (cazzo vuoi, bestia orrenda e viziata, allevata a sottofiletto e divani di alcantara, allora, cazzo vuoi?).
La sua padrona è un prodotto da cinepanettone Vanzina degli anni d’oro, in perenne outfit Cortina d’Ampezzo. Indossa vestiti dove le cuciture sghembe e asimmetriche sono esibite, sembra un abito messo al contrario, ma è evidentemente frutto di una sartoria costosissima e dal profilo pauperistico dai doppi cognomi.
A lei, non frega assolutamente una mazza che ci sia qualcuno che sta aspettando (nella fattispecie: me, the poor cazzon whatever), non le interessa che il suo ratto in veste canina stia abbaiando da un tempo indefinito (un cane non può essere sgridato, giusto?).
Lei parla. E di cosa?
Di questo “Guavda, un disastvo. Secondo me non favemo nemmeno una sciata e sono sicuva che che ci savà una neve favolosa. Non mi dive niente, sono fuovi dai fogli, avvabbiatissima”.
Al ché io mi ricordo di essere cresciuto in quartiere dove una delle possibilità offerte dal quotidiano era che ti rubassero le scarpe mentre aspettavi il pullman e allora urlo “e allora! ci muoviamo!!”.
Lei si gira, indignata.
Non doveva nemmeno pagare (forse non paga mai, non possiede denaro perché la ritiene una pratica volgare, chiunque è lieto di prestarle un credito senza scadenza umane), stava lì.
Allora stringe la sua copia di “Terze case al mare da arredare a piacimento” e se ne va. Il ratto abbaia ancora.
Ed è a questo punto che io vorrei poter attivare Il Pronto Intervento Merli, possedere un numero segreto da digitare per chiamare all’istante Maurizio Merli, l’immortale commissario dei poliziotteschi anni 70.
“Pronto Intervento Merli? Presentatevi subito, massima urgenza”.
Loro arriverebbero in tre secondi facendo sgommare la Giulia e aprendo le portiere senza aspettare di aver fermato il motore. Giubbotti di cuoio hardcore, belli pettorusi, lana sulla pelle, stivaletti, baffi, baffi ovunque.
Io indicherei la Contessa Ramellato Gonfaldazzi della Fagiolaia e loro la butterebbero nel bagagliaio in due mosse. Due.
Il cane verrebbe schiacciato dalla sgommata di partenza. Nessuna pietà per nessuno.
Perché il momento è orribile e ci vorrebbe un minimo di buon gusto, anche se si è nipoti di latifondisti e madri di progettisti di giardini zen per la zona di Cannes e dintorni. Un minimo.
e allora, per celebrare un vano desiderio, niente di meglio di una grande band che dalle colonne sonore dei poliziotteschi ha saputo magistralmente evolversi verso una galassia di groove ampio e moderno (ma con un’irresistibile flavour retrò che affiora ogni tanto)
Calibro 35 “Fait Till You Make It”
—https://www.youtube.com/watch?v=ri7z_1zmWBY—
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