Privè gennaio 2014

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congelato

Dobbiamo andare a sciare. Insisto sul verbo e sulla sua declinazione, “dobbiamo”. Non ci domandiamo realmente perché, ma andiamo. Forse la nostra ubicazione alpina, l’horror vacui dei week end da pianificare, non saprei. Non piace realmente a nessuno di noi, costa delle cifre insensate, arriviamo a fine giornata stremati. Innervositi. Io, di sicuro. Ho soprattutto male ai muscoli dorsali, ma non per l’attività sportiva, quanto per le pause, in cui il freddo mi assale e cerco di rannicchiarmi, di fare entrare la testa come un carapace abbandonato alle Isole Faroe. Oggi la giornata è meteorologicamente drammatica, tira un vento polare in direzione orizzontale. Temo possa amputarmi il naso. Nevica sottilmente, in un modo maligno, come mille spilli buttati a caso. Ma a caso nemmeno troppo, perché diversi mi arrivano dritti in faccia. Tengo duro pensando al nuovo disco di Malkmus, quell’uomo mi mette di buon’umore. Il suo recentissimo Wig Out At Jagbags me l’ha restituito in grande forma, con l’eco dei Pavement e i vantaggi delle frequentazioni con Beck del precedente Mirror Traffic. Un signor disco. E quello ascolterò negli spazi vuoti di questo nulla innevato e inospitale. Lì troverò riparo e comprensione. Scarico dal bagagliaio i caschetti delle bambine, le maschere, il borsone con i doposci e, infine, il mio zainetto. Dentro ho guanti, sciarpa, due bustine di Oki per l’inevitabile emicrania, il Venerdì di Repubblica e, cristo, non c’è l’iPod. Non posso crederci, l’ho dimenticato. Niente Malkmus. Si mette male. Ci sono persone che non conosco, vengo presentato. Come al solito equivocano la mia passione musicale, il fatto che quella sia la mia professione. “Ti piace Lorde?”. “Non lo conosco”. “Ma non è una ragazza?”. “Non la conosco”. “Mia figlia ascolta solo Lady Gaga. Io la trovo geniale, che ne pensi?”. “Non ne penso”. Chiedetemi qualcosa di Malkmus, vi prego, qualsiasi cosa. “E Avicii?”. “Non lo guardo, mi ripugna. Detesto Maria De Filippi. “Ah! No Amici! Avicii, quello di Hey Brother”. “Non ho la minima idea di chi sia”. È chiaro a tutti come io sia un disadattato, non so nulla della musica che funziona, davvero nulla. E la cosa buffa è che non lo faccio nemmeno apposta. Non la incrocio mai, mi dedico sempre alle mie cose, ai miei adorabili gruppi minori. Manco un gesto snob, è che mi piacciono davvero e il resto, banalmente, non mi interessa. La temperatura, intanto scende, e ripariamo in una specie di brasserie. Siamo in Francia. Un toast o meglio, un croque monsieur come lo chiamano qui, costa nove euro e cinquanta. Niente male. Il locale è pieno e i video trasmettono partite di calcio inglese e triathlon. Tranne uno, che alterna video musicali. Al momento, a sorpresa, c’è Billy Joel. Sperare nel video di Lariat, il singolo di Malkmus, mi pare davvero troppo. E pensare che sarebbe appropriatissimo, ci sono ragazze con maglie a righe anni sessanta e i sottotitoli proprio in francese, varrebbe come un raggio di luce in questa spianata degna di Amundsen. E poi, come sempre, avviene l’imprevedibile. Tutti gli schermi e dico tutti, si sintonizzano improvvisamente sul video di Boombastic. Non posso credere a quello che sta succedendo: un gruppo di inglesi sbatte i boccali di birra a tempo, dal fondo della sala iniziano a urlare mister lova lova, un paio di francesi mi dicono “Cette chanson est magnifique, nous adorons tous Shaggy!!!”. Tutti adoriamo Shaggy? Una bionda con doposci fuxia si mette a ballare, mentre Shaggy fa dei gesti incomprensibili con la camicia aperta in televisione. Si stanno divertendo come pazzi, si muovono a tempo persino due settantenni mummificati dal gelo che fino a pochi minuti prima credevo fossero stati ibernati per ragioni medico religiose. Shaggy è il comun denominatore di questo piccolo parlamento europeo di fenomeni in paraorecchie e giacche imbottite di piume d’oca. E io sono fermo e desidero Malkmus. Lo ripeto, un disadattato. Per giunta la mano destra mi sanguina, perché mi sono ferito mentre tentavo di stringere gli scarponi a mia figlia. Ho male. Shaggy la finisce, se dio vuole, e tutto, come d’incanto, torna alla normalità. Il video vicino a me si sintonizza sulla partita dello Swansea. Fine. A breve cala il buio e la temperatura diventa insostenibile. Torniamo a casa, in macchina tutti dormono. Parcheggio, salgo, entro. Mi faccio una doccia, mi sdraio e recupero il mio iPod. Folder, H-I-L ecco, M. seleziono Malkmus. Ce l’ho fatta, ho atteso questo momento per tutta la giornata. La prima canzone è Planetary Motion, dura tre minuti. Al quarantaduesimo secondo sto già dormendo.

Playlist

(cose che mi sono piaciute)

 

Dischi

 

Stephen Malkmus & the Jicks Wig Out At Jagbags (Domino)

Bè, se avete letto sopra, non credo di doverlo spiegare.

Wig-Out-At-Jagbags_cover

 

 

 

 

Altro Sparso (la Tempesta)

I singoli delle “stagioni” più due inediti. E la confezione con la ragazza che abbraccia il cd.

Altroché.

ALTRO-SPARSOcover

 

 

 

 

T-Rex Electric Warrior (Warner Bros, 1971)

I danced myself out of the womb.

Is it strange to dance so soon.

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Lucio Battisti Vento nel vento (1972)

Banalmente, una canzone meravigliosa.

lucio-battisti

 

 

 

 

Libri

 

Sam Knee A Scene In Between (Cicada)

Foto dalla scena indie inglese dal 1983 al 1989. Formidabili quegli anni.

scene

 

 

 

 

 

 

 

 

Peter May L’uomo di Lewis (Einaudi)

Ebridi, costa occidentale scozzese.

Il corpo di un uomo con un tatuaggio di Elvis viene trovato sepolto nella torba

 

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Carlo Bordone Cinquanta per ‘60 (Guide pratiche di Rumore)

Scritta e impaginata benissimo. Propositiva, mai banale.

In allegato a Rumore di gennaio.

Ci sono dentro Attilio Mineo e Margo Guryan, non aggiungo altro

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altro

 

i tennisti svizzeri

Sua Maestà Roger Federer e Stan ‘The Man’ Wawrinka.

Comunque vadano gli Open d’Australia, grazie di tutto.

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wawrinka