Si vota, miei cari

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Puntuale come l’agrifoglio e il desiderio di evadere,

ecco che Natale porta anche l’immancabile scheda per le votazioni.

Qui sotto.

Esercitate il vostro sacrosanto diritto di voto,

una democrazia evoluta si vede anche da questo.

dai

VOTAZIONI CLIENTI

BACKDOOR 2015

 

Migliori 10 dischi del 2015:

(i virtuosi possono spingersi fino ai primi 20.

I disturbati sessuali anche fino ai migliori 50)

 

 

 

  

 

Miglior concerto dell’anno

 

 

Miglior canzone dell’anno

 

 

Miglior disco italiano dell’anno

 

 

Miglior ristampa dell’anno

 

 

Miglior ep dell’anno

 

 

Disko minkia

 

 

 

Nobel:

Inspiegabilmente l’intera Accademia Reale Svedese è colta da un’influenza intestinale.

Tocca a te e soltanto a te assegnare i Premi Nobel.

Ma li puoi consegnare soltanto a gente del mondo musicale.

Ecco i premi (volendo, puoi motivarli)

 -Premio Nobel per la fisica

-Premio Nobel per la chimica

-Premio Nobel per la medicina

-Premio Nobel per la letteratura

-Premio Nobel per l’economia

-Premio Nobel per la pace

-Premio Nobel per il picio

(recente introduzione. Per i non piemontesi, è da intendersi come il Premio Nobel per l’idiota)

 


venerdì 27 novembre: colazione e tutti allo stadio

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Ore 8,30

 

Colazione (offerta) e trenta minuti di Creative Morning

(tutto da Born in Berlin, Via San Dalmazzo 9A, Torino).

Maurizio Blatto: Job’n’Roll

 

https://creativemornings.com/talks/job-n-roll-with-maurizio-blatto

 

https://www.facebook.com/CreativeMorningsTurin/?fref=ts

 

Ore 21,30

 

Casseta Popular, Via Tripoli 56, Grugliasco

“Pareggia o Raddoppia?” Il grande quiz del calcio.

Per quelli che sanno dove è nato Geronimo Barbadillo (Lima, 1952), ma anche per chi la domenica pomeriggio guardava Corrado in tv invece di andare allo stadio.
Abbigliamento sportivo (maglie, sciarpe) consigliato.

 

Conduce Maurizio Blatto, arbitra Giorgio Pilon.

http://www.cassetapopular.it/

 

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da Casseta Popular

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Il cuore dentro alle scarpe. Uomini di calcio: le loro storie, la loro magia
 

Il cuore dentro alle scarpe – atto terzo

“Nel 2013 ci venne quest’idea forse un po’ fuori dagli schemi per un circolo Arci: creare un piccolo Festival per parlare di calcio. Ma parlare di calcio liberandolo dall’urgenza della pura cronaca sportiva. “Il calcio non è cronaca, è racconto”. Niente risultati, commenti tecnici, polemiche. Noi volevamo parlare di calcio usandolo come strumento per parlare di uomini e per raccontare delle storie. Storie epiche, storie divertenti, storie poetiche, storie umane. E raccontare attraverso quegli uomini delle epoche, dei luoghi, dei sentimenti.”

Tre edizioni. Non ci avremmo scommesso quando abbiamo cominciato. E invece, è stato un crescendo. Abbiamo fatto tesoro degli insegnamenti delle due edizioni precedenti e abbiamo messo giù il programma che sognavamo da tempo. Abbiamo allargato il campo di osservazione: non più o non solo le storie dei singoli, ma la Storia, nel suo complesso. La Storia che irrompe nei fatti del calcio. Perché il calcio non ha un percorso a sé, il calcio è specchio di ciò che succede. E spesso spiega le cose meglio di altro.L’intreccio tra calcio e politica è il comune denominatore di questa edizione, il filo conduttore delle cinque serate. Viste dai campi di pallone e dagli spalti, vogliamo raccontare la storia della guerra in Jugoslavia, la storia di Hillsborough e di come siamo finiti dalle curve dritti seduti sui divani, la storia dell’Heysel e le storie del calcio militante, così come lo vivono in Irlanda del Nord, nei Paesi Baschi e in Germania.

E in più un appuntamento per mettervi alla prova e ridere un po’ con voi e di voi. La serata quiz, a cui non servono presentazioni.

Il programma è quello che segue, le modalità di accesso sempre le stesse. Ingresso libero riservato ai soci Arci.

Venerdì 13 novembre ore 21.30:

“La Jugoslavia più forte di sempre.
Quando la guerra ruba la storia.”

Le guerre di indipendenza degli anni ’90 hanno privato il calcio di un pezzo della sua storia: la nazionale Jugoslava a cavallo tra il 1990 e il 1992 era da tutti considerata geniale, piena di talento, elegante. Un viaggio alla scoperta di quella squadra e di quegli uomini a cavallo tra sport e politica per capire cosa ci siamo persi. Una nazionale, quella jugoslava, che per due anni domina la scena europea con risultati fatti di bellezza e sacrificio e che perde solo una partita, quella ininfluente contro la Danimarca, si prepara a vivere un Europeo da protagonista assoluta, da candidata al titolo. Poi, la guerra. E quell’Europeo da dominare lo vince proprio la Danimarca, ironia della sorte, ripescata all’ultimo.

Intervengono: Damiano Benzoni (giornalista, East Journal), Alessandro Gori (giornalista), Andrea De Benedetti (giornalista, scrittore, Guerin Sportivo)
Sabato 14 novembre ore 21.30:

“96 bugie per una Premier League.
Il disastro di Hillsborough equivoco alla base del calcio moderno”.

Cos’hanno in comune Margareth Tatcher e le incursioni delle telecamere negli spogliatoi prima della partita? Perché allo stadio preferiamo il divano? Ha senso oggi dire che si “tifa” per una squadra, esattamente come si diceva 25 anni fa? Un’analisi del percorso che ci ha condotti al di fuori degli anni ’90, dal calcio che fu al calcio moderno, partendo dalla madre di tutte le bugie. Il 15 aprile 1989, Hillsborough, Regno Unito.

Il calcio come oggi lo conosciamo è fatto forse più di televisioni, replay e divano che di stadio e gradinate. Proveremo a capire come siamo arrivati a questo calcio, sempre più legato a doppio filo agli introiti delle televisioni e sempre meno a quelli del botteghino, sempre più prodotto da vendere e sempre meno esperienza da fruire in prima persona, testimoniandola con la propria presenza all’interno di uno stadio. E partiremo nel farlo dalla madre di tutte le bugie: partiremo dalle 96 vittime di Hillsborough, da quel disastro che segnò l’occasione per rendere gli stadi sempre meno luogo del tifo e sempre più esperienza di pochi, indirizzando la politica che governa il calcio verso il dominio televisivo. Capiremo perché, alla base di una trasformazione epocale, ci fossero Margareth Tatcher e una bugia durata 25 anni.

Intervengono:  Christiano Presutti (co-fondatore del collettivo Luther Blissett, con Luca Di Meo (Wu Ming 3) ha fondato il blog Fútbologia), Fulvio Paglialunga (giornalista, ha scritto per la Gazzetta dello Sport e per il Corriere del Giorno. Autore di “Ogni benedetta domenica” (ADD) tratto dalla trasmissione da lui ideata e condotta su Radio Rai. Collabora con Ultimo Uomo, Rivista Undici, Rivista Studio. Ora a Rai 1), Luca Di Meo (Wu Ming 3, scrittore, membro del collettivo Wu Ming fino al 2008, co-fondatore del progetto Fútbologia, autore insieme a Christiano Presutti del documentario “Nel pallone”), Andrea De Benedetti (giornalista, scrittore, ha lavorato per il Guerin Sportivo, il Manifesto, Tuttosport. È autore di diversi libri tra cui “Binario morto” con Luca Rastello).
Giovedì 26 novembre ore 21.30:

Incontro con Gian Luca Favetto in compagnia di Beppe Quaglia e Leandro Agostini.

Presentazione del libro “Il giorno perduto. Racconto di un viaggio all’Heysel”
La storia di un viaggio verso Bruxelles compiuto da due parti dell’Europa, la Valchiusella nel Torinese e Liverpool, in Inghilterra, da quattro ragazzi tifosi.

Venerdì 27 novembre, ore 21.30:

“Pareggia o Raddoppia?” Il grande quiz del calcio.

Per quelli che sanno dove nacque Geronimo Barbadillo (Lima, 1952), ma anche per chi la domenica pomeriggio guardava Corrado in tv invece di andare allo stadio.
Abbigliamento sportivo (maglie, sciarpe) consigliato.I quiz che sono diventati celebri a Casseta Pop. Ne abbiamo fatti sugli anni Ottanta e sugli anni Novanta. Ora ci cimentiamo con il calcio ma senza tralasciare la cultura generale e tutto il resto. Stessa squadra di sempre:

Conduce Maurizio Blatto, arbitra Giorgio Pilon.

Sabato 28 novembre, ore 21.30:

“Un calcio al fascismo – Storie di calcio militante tra Amburgo, Derry e Bilbao”.

Il calcio quando è bandiera, strumento di lotta e rivendicazioni; il calcio quando ancora è un tutt’uno con la politica, così come lo vivono in Irlanda del Nord, nei Paesi Baschi e ad Amburgo. Parleremo di indipendenza e autonomie e racconteremo la storia del St. Pauli.

Intervengono: Edoardo Molinelli, (Minuto Settantotto, Athletic Club), Alessandro Colombini (Minuto Settantotto, autore di “Strikers – Viaggio in Irlanda del Nord tra George Best e Bobby Sands”), Marco Petroni (autore di “St. Pauli siamo noi – Pirati, punk e autonomi allo stadio e nelle strade di Amburgo”).

http://www.cassetapopular.it/il-cuore-dentro-alle-scarpe-atto-terzo/

https://www.facebook.com/ilcuoredentroallescarpe

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non siamo mica a teatro

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“Scusa, ti spiacerebbe andare a chiacchierare da un’altra parte, stai disturbando. Vorrei sentire il concerto”. Pausa (breve). “Oh, ma mica siamo a teatro”. Ecco, negli ultimi tempi succede un po’ troppo spesso. Vai a sentire qualcuno e la gente parla, parla, parla, parla. Magari esattamente sotto il palco e urlando per sovrastare il suono di chi si sta esibendo. Bene, avete rotto i coglioni. Nessuno vi ha obbligato a entrare (nemmeno se è gratis. A proposito, basta anche qui. Mettete un biglietto equo e pagate i musicisti), le sale spesso sono vuote, è pieno di bar, piazzali antistanti, terrazze sui fiumi sui quali specchiarvi in tanta bellezza alternativa. Andate lì. Se siete venuti per ascoltare chi suona, fatelo, con un comportamento adeguato (no mutismo, no sproloquio: umani), altrimenti ciao. Imparate almeno che cosa vi piace (regola fondamentale della vita) e non rompete il cazzo al prossimo (regola fondamentale della vita). A questo proposito pubblichiamo sotto un apprezzato commento sul tema. Dimenticavo, alla replica del teatro si può controbattere con “Sì, ma non è nemmeno un simposio sul precariato”, “Certo, ma non siamo neppure nel recinto delle oche”, “Vero, ma il Processo del Lunedì non mi interessa”. Le possibilità sono infinite (schiaffoni included, com’è ovvio). Alè.

Maurizio Blatto

Durante l’ultima settimana ho avuto la fortuna di assistere, in prima
fila davanti al palco, a quattro ottimi concerti; pubblicherò di seguito
le statistiche relative al volume del chiacchiericcio percepito nelle
prime file che, per l’ennesima volta, ha impedito al cretino che sta
scrivendo questo post di poter assistere a quello che considerava un vero
e proprio evento, atteso per tutta l’estate.
Non menzionerò i nomi degli artisti poiché vorrei evitare inutili imbarazzi.

- giovedì sera, ore 23:00, chitarra solista ed effetti: 70% vacanze,
partenza stentata della Juventus in campionato, esami da completare,
cambiamenti generazionali in stile Pacifico (cfr. Class, 2014, Mondadori)
20% dischi comprati due giorni prima
10% pettegolezzi sui baccagli

-giovedì sera, ore 24:00, quartetto storico, atmosfera perfetta, approccio
elegante: 20% ” questo drink lo facevo meglio io” 30% la
Juventus si riprenderà 40% pettegolezzi sulla strumentazione 10% ma a
Milano c’è ancora il Tunnel?

- sabato sera, ore 1:30 am, sul palco c’è un’istituzione vivente,
oltre trent’anni di carriera: 50% esplosione dei filmati caricati su
cellulare in precedenza, in sincrono, roba da far impazzire i server 1%
“cazzooo, l’Africa, hai capito? L’A F R I C A!”, 49% non
sono in grado di trasmettere la statistica poiché mi si è annebbiata la
vista…
A quel punto mi sono aggrappato alla transenna e ho guardato lo schermo; i
suoi dischi li ho, li avrei riascoltati a casa la domenica mattina.

Giorgio Pilon


estivo/nonestivo

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Piccolo sondaggio backdooriano.

alla fine hanno vinto gli estivi di un punto. Così è.

Tipi estivi

Il Direttore

Blueboy-If-Wishes-Were-Ho-288473

 

 

 

 

 

-mi  piace l’estate

Mi piace osservarla, l’estate. Prendermi il tempo per assaporarne i profumi, gli odori. Tutti. Il lungomare come piano sequenza.

 -elencare qualche aspetto positivo dell’estate

Immaginate serate bollenti, di fronte al mare, corpi che si sfiorano, sudore, eccitazione naturale o artificialmente catalizzata da pastiglie e bevande dai colori improbabili. Il ritmo che pulsa e i cuori che accelerano per stargli dietro. E poi il silenzio. Il sole mostra il primo frammento di circonferenza dalla linea blu del mare e un altro giorno chiude il sipario su bicchieri mezzi vuoti abbandonati sui tavolini, frammenti di carta da filtro, puzza di urina mista a olio solare. Io sono quello che ama respirare il presente che i corpi sudati macinano gioiosi. Osservare piuttosto che partecipare. Arrivare quando tutta l’urgenza del vivere ora, qui, come fosse l’ultimo respiro prima di morire, finalmente si quieta. E’ un lampo (caldo e avvolgente) di serenità, prima che la festa ricominci fra qualche ora. La mia isola, dove quell’immensità blu ci guarda e determina il mio limite. L’estate metafisica. L’isola come concetto atemporale.

 -una descrizione tua estiva

Poco prima del tramonto, in riva al mare. Quando un buffo di sole accarezza ancora le pelli stanche e il flusso di persone comincia a lasciare il bagnasciuga. Ascolto uno fra Masin, Battisti o qualche genietto pop inglese che ha sognato i tropici in cartolina. Osservo quei sorrisi, quei corpi pronti per darsi alla notte o per l’ultimo tuffo e li abbraccio. E’ la cristallizzazione massima di tutti i presenti possibili. Vorrei non finisse mai.

 -un disco e/o un libro per esaltare l’estate

Solitamente e per contrasto il libro è  un volume enorme, anche faticoso, che richieda la necessita di cullare il tempo. Quest’anno sarà Gli Increati di Antonio Moresco. Le canzoni, tante, per ogni anno passato al mare, d’estate: Jolla di Tempelhof e Gigi Masin, La Canzone del Sole di Battisti, Wild Horses dei Prefab Sprout, Summer Babe dei Pavement, Forgotten Bridges di Stuart Moxham e Louis Philippe per dirne alcune. Forse come disco, sceglierei Subtitulo di Josh Rouse, che racchiude un pò tutto.

 -premio crema solare a:

 Personaggio: Lucio Battisti

Oggetto: Definitivamente la copertina di If WIshes Were Horses dei BlueBoy. L’estate del Cuore.

 

Selfimperfectionist

d nepal

 

 

 

 

 

Sono un tipo definitivamente estivo.

 Amo l’estate perché :

- il mio primo bacio fu in inverno, ma l’inverno romano del 1987: praticamente l’anticipazione dell’estate che sarebbe arrivata qualche mese dopo

- Loano a giugno in compagnia dei nonni con in cuffia gli Smiths

- la Juventus fa il vernissage a Villar Perosa e ogni volta che ci penso mi prende una malinconia inestinguibile.

La glorifico ascoltando questo capolavoro, ogni estate:

Deutsch Nepal + The Moon Lay Hidden Beneath a Cloud  A Night In Fear

La mia situazione estiva perfetta:

Piazza Bologna ( Roma)  ad agosto, l’asfalto prende fuoco e la piazza circolare diventa un vortice nel quale dimenticare se stessi.

Marco

1926-Pubblicità-Sciroppo-cedro

 

 

 

Sono un tipo estivo.

- pantaloni corti da giugno a settembre, cedrata e panaché

-disco: Nozinja Nozinja Lodge

-libro: Etgar Keret  Sette anni di felicità

-premio crema solare: Giampiero Ventura

 

Il Signor Franco

zonker

 

 

 

 

-elencare qualche aspetto positivo dell’estate

Le ragazze si vestono meno

Non lavoro per un mese

Le pesche

e la glorifico in questo modo

Picol Lis Neris, temperatura di servizio 11°

 -una descrizione tua estiva 

Tutti nudi a Matala

 -un disco e/o un libro per esaltare l’estate

Poco prima dell’aurora Fossati-Prudente

Lo Straniero  Albert Camus

-premio crema solare a: 

Zonker Harris

 

 Andrea F.

Junior+Voa-Canarinho

 

 

 

 

 

 

 

 

Mi piace l’estate perché: 
- fino all’anno scorso su Raitre compariva la pubblicità della Cedrata Tassoni;

- si corre il Tour de France;

- al cinema liberty di Bordighera proiettano le seconde visioni dei film che non sono riuscito a vedere nel corso dell’anno;

- in alta Val di Viù piove per tutto il mese di agosto.

e la glorifico: 

- passando almeno un pomeriggio sul lungomare di Bordighera nella vana attesa di veder comparire all’orizzonte Robyn Hitchcock;

- ascoltando Climate of Hunter di Scott Walker e Frozen Orange di David Kilgour

- leggendo Se questo è un uomo e La tregua di Primo Levi.

Premio crema solare: 

- al mitico Leo Junior (Beach Soccer World Championship Best Player and Top Scorer nel 1995, 1997, 1998 e 2000).
Voa Canarinho Voa!

Stefano Bianco

ventura

 

 

 

 

 

 

Adoro l’estate.

Adoro la città vuota di agosto, andare in bici per le strade deserte, attraversare Corso Lecce col rosso, il silenzio. Mi piace il caldo stordente, l’aria che fluttua lontano sull’asfalto (questa potrebbe essere una posizione di minoranza).

Mi piace non fare niente, e d’estate non faccio niente (non è vero, ma mi piace pensarmi così).

E c’è il calciomercato, puoi illuderti che per una volta il Toro chissà.

Lo so, il mare, le zanzare, la domanda “quando/dove vai in vacanza” di gente a cui non interessa la risposta, e causa famiglia non posso più dare quelle belle risposte tipo “due settimane in Asia Centrale, dev’essere molto interessante”.

Poi, ci si deve divertire per forza, espressioni da Villaggio Turistico, la gente in montagna che va in auto ovunque. Non importa.

E poi la frutta, l’anguria e il ghiacciolo che ti fanno tornare adolescente.

E le pesche sono definitivamente più buone dei cavolfiori, questa non è una posizione di minoranza.

Ascolto poca musica, meglio musica fatta di poche cose (cantautori low fi, cose così).

Leggo libri lunghi e noiosi, classici, e mi chiedo perché lo faccio.

Quest’estate, La storia, forse Moby Dick.

 Il premio Crema Solare è di Giampiero Ventura, non si discute.

 

Tipi nonestivi

Bruno

j s cantona

 

 

 

 

 

 

 

 

 

stan the man

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Facile: sono un tipo non estivo. 

L’estate, per quanto mi riguarda, inizia ad avere un senso solo al di sopra di una linea immaginaria individuata da queste coordinate: 50° 11′ 01” N, 0° 31′ 52” W (rif. Wikipedia, alla voce English Channel).
Lì si inizia a ragionare: cieli plumbei, stridio di gabbiani, zaffate di fish&chips, vento e pontili protesi verso il mare più bello che c’è.

Al di sotto è un inferno.
La montagna non mi piace.

Al mare(dove normalmente trascorro l’estate) mi scotto pure i piedi.
In città, persino ascoltare i dischi mi risulta faticoso.

Aspetti negativi dell’estate ? 
Il sole (ovvio), la sabbia, le creme: la combinazione delle tre mi è letale.
E poi d’estate non c’è più nulla: non escono dischi, non c’è il campionato, il vitello tonnato scompare dai menù.
Infine non sottovaluterei, tra gli orrori dell’estate, i (pantaloni a) pinocchietto.
Per me è più che sufficiente.

Mi difendo così: 

maglietta “JE SUIS CANTONA”, pantaloncini linea “Wawrinka-al-Roland-Garros”, ray-ban, birra cecoslovacca e Tuttosport.

Il tutto rigorosamente all’ombra.

Leggerò Underworld di De Lillo, ascoltando Head Over Hills dei Cocteau Twins.

Premio Aria Condizionata 
A me stesso: una settimana sulla spiaggia di Margate con la felpa e A Distant Shore in cuffia.

Luigi Lule Kaine

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Detesto l’estate

 -elencare qualche aspetto negativo dell’estate

Potrei dilungarmi, ma cercherò di essere breve.

Calura e sensazione di pre-morte a parte elencherò un aspetto pratico ed uno estetico.

1. Ho caldo. Quanti soldi posso investire per ovviare al problema? Si riduce ahimè a una mera formula matematica: “Il grado di sopportazione della calura è inversamente proporzionale al denaro che si è costretti a spendere” Stare al fresco costa.

2. Bermuda e pantaloncini. Si pensa siano d’obbligo e a malincuore li uso anche io, ma il risultato è che qualunque uomo appare imbecille in pantaloncini, spesso perché non comprende che accoppiarli con calzature aperte peggiora la situazione. Se poi sei tedesco il calzino è d’obbligo e si scivola nel trash. Giusto per fare un esempio: qualcuno ha mai visto immagini di Clint Eastwood in calzoncini? Non ne esistono. Anzi con Sergio Leone girava western in Andalusia con tanto di poncho. 

Mi difendo in questo modo

Vita pre-genitoriale:

Rimedio per afa #1 – Raggiungere i 1000-1500m sopra il livello del mare / psicadelia e kraut

Rimedio per afa #2 – Raggiungere i 1500-2000m sopra il livello del mare / elettronica

Rimedio per afa #3 – Viaggetto in paese nordico / wave e dark a palla

Rimedio per afa #4 – Mare (isole o sud) / ambient e post rock

Rimedio per afa #5 – Sala prove nei sotterranei dei Docks Dora / DIY

Vita genitoriale

Rimedio per afa #1 – Acquaticità in piscina comunale / Peppa e i suoi amici

Rimedio per afa #2 – In campagna dagli zii / Masha e orso

Rimedio per afa #3 – Liguria / Raiyoyo e/o DVD di Pimpa

-un disco e/o un libro per salvarsi dall’estate

Pochissimi possono davvero sfuggire all’estate.

Per quasi tutti è un lento soccombere. Consigli:

DISCO: William Basinski – Disintegration Loops // per un lento disfacimento

LIBRO: Michel Houellebecq – Sottomissione   // eloquente direi

VISIONI: Fargo – Serie TV  // 10 puntate di questa serie immerse nel gelo e nella neve potrebbero rinfrescare.

Maurizio Blatto

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Detesto l’estate

 -elencare qualche aspetto negativo dell’estate

L’estate mi ripugna e la odio più di Bruno Martino. È una stagione malefica inadatta al mio corpo, governata dalla pigrizia e dall’abbandono. Per uno come me, che vorrebbe perdere completamente l’olfatto, è insostenibile. L’estate puzza, i corpi marciscono (salite sul metrò verso le 13 e poi ne parliamo). Le città sono invivibili, i muri bollenti, scavi e lavori ovunque, bonghisti nelle piazze, immondizia e muri lordi di scritte hih hop. Perdo i sensi, tracollo. Odio la sensazione di divertimento obbligatorio che si porta dietro, è un capodanno lungo mesi. I pazzi sono nelle strade, tutta questa gente con i sandali, le Crocs, quelle scarpe orrende di carattere medico (Dr. Scholl), le canottiere, persino i piedi scalzi. Li temo. Il mare è quasi insopportabile, con la sensazione mefitica di salsedine sulla schiena, come fossimo bestie, e in montagna c’è troppa gente, arriva con le macchine, griglia ovunque, le radio con l’hip hop italiano. Mi sento svenire, conto i giorni che mi separano da ottobre, il meraviglioso autunno. Questa stagione mirabile che ristabilisce finalmente ciò che manca del tutto all’estate: il decoro. Non ce la posso fare, no.

 Mi difendo in questo modo

Metto il condizionatore su 19 gradi e con il pulsante energetic (c’è un tizio muscoloso sul tasto).

Mi sdraio e resto immobile.

Mi alleno alla morte.

La versione di me che più ricordo con piacere è quella dell’estate del 2001. Tutti erano in spiaggia e dopo un po’ si accorsero della mia assenza. Quando mi trovarono ero in un parcheggio con il motore accesso, la faccia sul condizionatore al massimo e Sparklehorse che suonava.

Immobile, come se mi avessero sparato alla nuca.

 

-un disco e/o un libro per salvarsi dall’estate

non c’è scampo alcuno, se non siete strutturati.

Comunque ambient minimale: Loscil, Basinski, poco altro.

D’estate non leggo quasi mai.

 -premio aria condizionata a:

“Sì, non c’è niente di male nella scienza. Sai, io tra l’aria condizionata e il papa, scelgo l’aria condizionata” (Woody Allen)

nando

parcheggi vuoti

 

 

 

 

 

 

fa banalmente caldo, le giornate sono troppo lunghe, notte alle cinque di sera è bello, la gente si sente autorizzata a spogliarsi ignorando i propri limiti, la corsa alle ferie quasi obbligate perché è estate.

Mi difendo lavorando e godendomi la mancanza di code in tangenziale, parcheggi vuoti tutto con molta calma.

Mi premio con granite assortite e muri di casa spessi un metro ascoltando musica classica moderna nordica, minimalisti assortiti e sognanti, leggendo i primi due tomi de La mia battaglia di Karl Ove Knausgard La morte del padre e Un uomo innamorato.

buona estate a tutti comunque voi siate.

 Andrea Pellizzer

spritz

 

 

 

 

 

 

 

 

Non è che odio l’estate,  preferisco evitarla specialmente dalle nostre latitudini, nel nord est produttivo.

Gli ultimi anni siamo scappati tra il 53 e il 64 parallelo nord, per prendere un po’ di refrigerio e allontanarci dalle masse che affliggono il mediterraneo. Quest’anno invece sarà un’estate italiana, non avendo molti giorni di ferie, ma sempre evitando spiagge e creme solari al cocco.

 

Come armi di difesa uso la birra, spritz e cocktail vari ghiacciati,  mi chiudo in casa con le finestre oscurate e il condizionatore accesso.

 

 Disco:  la freschezza di Staying Home degli A Minor Place mi dà sollievo

 

 Libro: la pesante afa descritta in L’eco di sparo di Massimo Zamboni, mi fa sembrare la nostra calura meno opprimente

 


50 x 90 /Arnaldo Forlani Blues Explosion

Postato il

50 x 90

 

Dopo quelle sugli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, esce in allegato al numero di luglio la quarta guida pratica di Rumore: gli anni Novanta raccontati attraverso 50 dischi cult selezionati da Carlo Bordone.

Come da tradizione imprescindibile e imperdibile Martedì presenteremo la guida a Casseta, nella sua versione Estiva (Parco Culturale Le Serre, Grugliasco (http://www.cassetapopular.it/).

Saranno presenti Carlo Bordone,Rossano Lo Mele, amici e giornalisti della rivista, Maurizio Blatto e George Self Pylon. Si comincia alle 19.30 con l’aperitivo.

A seguire, l’Arnaldo Forlani Blues Explosion Quiz Anni Novanta.

 Processo Cusani

Dopo l’incredibile successo del Trofeo De Michelis – Quiz Anni Ottanta, torniamo a sondare quanto ne sapete davvero sugli anni della vostra giovinezza (cinema, musica, tv, minchiate assortite & everything).

Conduce Maurizio Blatto, giudice supremo Giorgio Pilon, notabile amministrativo Il Direttore.

Sarà una serata incredibile.


Long May You Run, Ilunga

Postato il

È morto a Kinshasa, all’età di 66 anni, l’ex calciatore Ilunga Mwepu.

Lo celebriamo pubblicando un mio articolo scritto (credo) quindici anni fa per la gloriosa fanzine Football Mad.

Long May You Run, Ilunga.

la figurina di mwepu

 

Nostalgia leoparda: Ilunga e lo Zaire del 1974

di Maurizio Blatto

 “Comunque, vedrai, appena il calcio africano acquisirà un po’di professionalità, quelli non ci fanno veder più palla”. “E poi, che atleti! Fisicamente sono superiori a tutti, un po’di esperienza e tecnica in più e ti saluto, caro il mio calcio europeo”. Anni e anni di profezie simili e poi finalmente sono arrivati Weah, Kanu, Finidi e soci a corroborare tesi che iniziavano a sembrare troppo esili. Prima, soltanto qualche caso sporadico. Il Camerun dello statuario Milla e lo Zambia che ficca quattro castagne all’Italia delle Olimpiadi del 1988. Ma prima, prima ancora, chi ha fatto la storia del calcio africano? La risposta non può che essere una e una sola: suo malgrado, lo Zaire del 1974. I Leopards dello Zaire sono entrati nella leggenda del calcio grazie ad un paio di batoste feroci, ma soprattutto in virtù di gesto geniale, sorprendente e “definitivo”. Calma, andiamo per gradi. Mondiali del 1974, Germania. Il grande show di Cruyff, Beckenbauer, Rivelino e del capocannoniere polacco Lato. Il Mondiale di Chinaglia che, leggiadro, indica a Valcareggi le modalità per andarselo a prendere nel culo, simbolo deragliante di un Italia eliminata subito e capace di vincere unicamente con la nazionale di Haiti, dopo essere andata sotto per un gol di Emanuel Sanon, cannoniere e simbolo insieme al portiere acrobata Henry Francillon della nazionale dalla casacca rossa. Il Mondiale di Jurgen Sparwasser che, il 22 di Giugno, segna e assegna il “derby del Muro” (così venne  definito all’epoca, un’epoca dove nessuna Trabant aveva ancora capottato nell’Occidente) alla Germania dell’Est e se la ghigna alla faccia dei futuri campioni, prima di tornare a casa per colpa di Neeskens, Rensenbrink e Rivelino nel primo girone di semifinale. E’proprio nel 2° gruppo di quel Mondiale, che vengono inseriti i Leopards, casacche verde prato, tre righe gialle Adidas, stemmone con il leopardo sul torace ed orgoglio dello Zaire tutto. Campi da gioco: Francoforte e Gelsenkirchen. Rivali: Jugoslavia (ah, i perfidi slavi, sempre temibili…), Scozia (l’unica squadra a non aver mai perso una partita durante le qualificazioni a Germania‘74!) e i campioni in carica del Brasile (u Brasil, Rivelino, futebol bailado, samba, Dirceu…). Girone bello difficilotto per i leopardi, ma chissà, potrebbero anche essere una rivelazione, non si può dire. Ricordiamo che quelli erano anni in cui il calcio non dominava la televisione e ben poco si vedeva oltre gli spalti italici. Tutto può essere. Ovviamente non fu. Lo Zaire risultò tanto “naif”, sprovveduto e debole da suscitare una simpatia immediata e sempiterna. Una vera armata Brancaleone al cospetto del calcio europeo e sudamericano, un’accolita di improvvisatori che, peraltro, rappresentava realmente il meglio del calcio africano all’epoca. Sempre nel 1974, in Egitto, fu infatti proprio lo Zaire ad aggiudicarsi la Coppa d’Africa (girone eliminatorio alle spalle del Congo e sopra Guinea e Mauritius, semifinale vinta per 3 a 2 sui padroni di casa dell’Egitto e finale vinta nella partita di ripetizione per 2 a 0 sullo Zambia, dopo l’1-1 e il 2-2 ai tempi supplementari della gara giocata il giorno prima). Inoltre l’anno precedente, la formazione zairese dell’A.S. Vita si era aggiudicata la Coppa dei Campioni d’Africa, subentrando ai successi del 1967 e 1968 del TP Englebert. Il presidente (imperator-simil dittatore) Mobutu Sese Soko aveva ripulito la capitale Kinshasa dalla criminalità con una maxi retata conclusasi con un’esecuzione di massa nei sotterranei dello stadio e, in ottobre, avrebbe cercato lustro ospitando il leggendario incontro di boxe tra Mohammed Alì e George Foreman, con imperdibile corredo di James Browm, Miriam Makeba e Spinners. I presupposti c’erano. Lo Zaire, nelle qualificazioni africane ai mondiali, fece fuori, nell’ordine: Togo, Camerun, Ghana, Zambia ed infine Marocco. Sì, i presupposti c’erano. Poi si giocò e ci si accorse che quello che mancava era la squadra. Un disastro. Si partì il 14 giugno alle 19,30: Westfalenstadion di Dortmund, Scozia e Zaire di fronte a ventisettemila spettatori. I Leopards schierano Kazadi, Mwepu (ricordate questo nome), Mukombo, Buhanga, Lobilo, Kilasu, Mayanga, Mana, N’daye, Kidumu e Kakoko. Formazione di tutto rispetto, come avrete intuito dai nomi, ma non sufficiente ad arginare gli scozzesi, che non spingono al massimo ma insaccano due pere, al 26° con Lorimer e al 33° con Jordan, entrambi in forza al Leeds United. La tv italiana non manda nemmeno la partita in diretta, si accontenta di una misera sintesi alle due di pomeriggio del giorno dopo. Ehi, cazzo facciamo, snobbiamo i leopardi? Comunque, poco male, non è stata una vera Waterloo, vediamo cosa succede con la Jugoslavia. Eh, vediamo dai. 18 Giugno, Gelsenkirchen, Parkstadion, ore 19, trentunmila spettatori (per mamma Rai ancora sintesi il giorno dopo). Lo Zaire schiera la stessa formazione dell’esordio con la sola variante di Kembo al posto di Mayanga. D’altro canto, squadra che ne prende solo due, non si cambia. Il dramma è che i leopardi ne buscano nove. Nooove a zero!! Una mazzata bestiale. Ecco i marcatori: Bajevic (8°, 30°, 81°), Dzajic (14°), Surjak (18°), Katalinski (28°), Bogicevic (38°), Oblak (51°) e Petkovic (65°). La squadra è allo sbando e ad un certo punto pare persino che la Jugoslavia (anche gli slavi non son poi così perfidi…) decida di non infierire troppo. Un gesto (non ancora quello) sintetizza l’intero incontro: al ventunesimo, il portiere Kazadi, tra le lacrime, chiede di essere sostituito. Più tardi affermerà che mai, nella vita, si era sentito così umiliato. Aggiungiamoci l’espulsione di N’daye e avremo il quadro di una squadra fatta a pezzi, letteralmente schiantata. Sberla dura, anche perché ora tocca al Brasile, nientemeno che ai campioni del mondo. Facendo le dovute proporzioni si teme un risultato stile cappotto d’Astrakan, qualcosa tipo ventisette a zero o giù di lì. I Leopards, giustamente, si cagano un po’ nella tuta, ma fieri, si presentano comunque puntuali all’appuntamento con la storia. Che è fissato alle 16 del 22 Giugno, ancora al Parkstadion di Gelsenkirchen (per la cronaca, manco i detentori del titolo convincono la Rai a mandare l’incontro in diretta) di fronte a trentaseimila spettatori. Lo Zaire persuade Kazadi a tornare tra i pali e cambia qualche elemento: dentro i nuovi Kibonge, Tshinabu, N’Tumba e vediamo un po’ cosa succede. Succede che il Brasile ne infila tre (Jairzinho 13°, Rivelino 67°, Valdomiro 78°), il che, date le previsioni, è un mezzo trionfo. Troppa la disparità. Nonostante quello non fosse un Brasile irresistibile schierava comunque Leao, Nelinho, Luis Pereira, M.Marinho, F.Marinho, Piazza, Rivelino, Jairzinho, Leivinha, Cesar Carpegiani e Edu, collocandosi, rispetto agli africani, letteralmente su un altro pianeta. Non è comunque nelle tre legnate brasileire che si deve cercare il diamante dell’incontro. Il picco, il gesto geniale (ecco, ci siamo) si colloca tra i nove metri circa che separano Rivelino, posizionato davanti al pallone, e la barriera leoparda schierata qualche metro davanti alla linea dell’area di rigore. Come d’abitudine su ogni punizione, Rivelino prende una lunga rincorsa mentre l’arbitro rumeno Rainea, novello mossiere del Palio di Siena, suda sette casacche per tenere a bada gli scalpitanti leopardi. Stop. Fermo-immagine sul numero due dello Zaire, il volenteroso Ilunga Mwepu (sì, di nome faceva proprio Ilunga, come quando cercate di spiegare a vostra bisnonna con che lettera inizia Juventus) che tarantoleggia in barriera. All’improvviso Rainea fischia e lui, come i geni e gli eroi, i fulminati o i Masaniello che han fatto la storia, appalta la mente e la ragione e si affida al cuore e all’intuito. Vede Rivelino che esita e forse pensa “cazzo fai Rivelino, tentenni, cazzo fai, non tiri? Ah no, beh allora tiro io”. E va. Lui va e corre con falcate imperiose, a metà tra Olivia, la fidanzata di Braccio di Ferro ed Emil Zatopek. Va nel silenzio improvviso, sgambazza davanti a settantaduemila sguardi attoniti di spettatori che lo vedono e pensano “ma cos’hai nella testa Ilunga, l’acqua dei pesci?”. Lui è andato, troppo tardi, ormai è a un passo. Eccolo che arriva e pianta una stanga che nemmeno Ercole e Maciste e Antonio Hinoki e Piedone lo Sbirro messi insieme. Papapum e la palla viaggia verso la porta di Leao. Stop. Il tempo riprende il suo corso naturale, ed è il panico. Rainea, indignato, fischia, chiama Mwepu e lo ammonisce. Jairzinho con una testa afro che al confronto Bob Marley sembra uno appena arrivato al C.A.R. non riesce a trattenere lacrime di riso, va vicino al numero due leopardico e agitando una mano sotto gli occhi, come quando si allontanano le mosche probabilmente gli dice “Uei, Ilunga, ma tu sei completamente andato”. Mwepu intanto, stranito dal giallo di Rainea, letteralmente si inchina e ammicca tipo “va bè, allora ammoniscimi dai, hai ragione tu, dai”. Morale, quest’uomo selezionato tra sedici milioni di abitanti e duemila tesserati zairesi si è presentato ai Mondiali senza nemmeno conoscere le regole basi del calcio giocato. Tipo: se stai fermo novanta minuti sulla linea di porta del portiere avversario facilmente finirai in fuori gioco e se hai una punizione contro non valgono le regole di “fazzoletto” per cui appena fischiano chi arriva primo vince. Meglio così, la stecca diabolica di Ilunga ha consegnato lo Zaire al mito, elevandolo in qualche modo dal mesto ultimo posto al girone (per la cronaca, la Scozia verrà eliminata per differenza reti, pagando oltremodo una certa clemenza riservata ai Leopards) concluso a zero punti e con meno quattordici di differenza reti. Anni luce dopo il black-out dei neuroni di Mwepu verranno le vittorie olimpiche di Nigeria e Camerun, ma il nostro più nostalgico pensiero va all’estroso Ilunga, probabilmente rispedito in qualche cortile, a ripassare i fondamentali dell’arte pedatoria. Se giochi ancora, come meriti, tieni duro e sui corner attento a non fare il terzo tempo, che quello, è il basket.

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