Il Signor Franco

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-vinile o cd?

 

Vinile e cd

 

-primo disco comprato?

Emerson Lake & Palmer  Pictures At An Exhibition

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-ultimo disco comprato?

Lay Llamas  Ostro

lay llamas

 

 

 

 

 

-il disco che hai cercato per più tempo?

Circus Mort Circus Mort

Circus+Mort+CM

 

 

 

 

 

-il disco che ti rende più orgoglioso

Adriano Pappalardo Adriano Pappalardo (1972)

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-il disco più bello comprato da Backdoor

MGZ Cambio vita

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-il disco più brutto comprato da Backdoor

MY CAT IS AN ALIEN My Cat Is An Alien

 

my cats is

 

 

 

 

 

-come è ordinata la tua collezione?

divisa per vari sottogeneri (italiani, jazz, elettronica, anni 60/70, colonne sonore ecc) in ordine alfabetico

-i “tuoi” cinque dischi

JOY DIVISION Closer

FABRIZIO DE ANDRE’ Storia di un impiegato

JESUS AND MARY CHAIN  Psychocandy

JOHN COLTRANE  A Love Supreme

CLAUDIO LOLLI  Un uomo in crisi  Canzoni di morte, canzoni di vita

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-il “tuo” disco cult

CLAUDIO ROCCHI  Volo Magico N°1

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-il tuo “guilty pleasure” (la tua passione musicale –gruppo, band o genere- inconfessabile)

BALLI DI GRUPPO

Balli di Gruppo

 

 

 

 

 

 

 

-cinque canzoni “tue”

MASSIMO VOLUME  Una buona scusa per andarmene

DOORS The End

SKIANTOS  Largo all’avanguardia

PINK FLOYD Careful with that axe, Eugene

AREA Luglio, agosto, settembre (nero)

area

 

 

 

 

 

-qualche concerto memorabile

HENRY ROLLINS   Hiroshima Mon Amour (Via Belfiore) Torino

SANTANA   Palasport di Torino settembre 1977 (ma ero fuori)

SCARLETS FEVER  Cortiletto (centro d’incontro Mirafiori/ Torino)

GENESIS Palasport di Torino settembre 1974

MGZ Hiroshima Mon Amour, Torino

TRICKY Palastampa, Torino

CHARLIE HADEN Roccella Jonica 1987

X  Teatro Massaua, Torino

 

-un concerto drammatico

OASIS   Vicenza 2002

 

-la tua squadra di calcio e una canzone che la rappresenti

Juventus

gobba

 

 

 

 

 

-promuovi una tua iniziativa (o qualcosa che ti piace)

www.uaar.it

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merchandise

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Effervescenza del Direttore: ecco il suo punto di vista sui Merchandise.

Buona lettura:

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Una Riflessione sulla grande Opera Rock (che non c’e’) – MERCHANDISE

Da qualche tempo è particolarmente calda la discussione su quale sia, e se ancora ci sia, una chiara delimitazione fra mainstream (per dirla con parole semplici “grande rock” da milioni di dischi venduti) e indie rock. Tanti si sono prodotti in analisi approfondite partigiane o meno ma, come spesso capita con un oggetto cosi legato al gusto come la musica popolare, non si arriva mai a una vera e propria conclusione. Non che qui si pretenda di conoscere la risposta a cotanto quesito, ma l’uscita di un disco come After The End dei Merchandise e i giudizi e recensioni conseguenti, rilancia la diatriba. Gruppo di formazione post punk da Tampa, Florida sotto fresco contratto con la 4AD (la 4AD di oggi e non quella filigranata che alcuni ricordano più di un paio di decenni fa), che licenzia una collezione di canzoni che, partendo da radici tipiche dell’Americana (folk, blues e chitarra acustica), ricama ritmi synth e suggestioni anni ’80 di varia origine, per darsi una veste pop di maggior respiro. Sembra una definizione da dizionario e potrebbe essere tutto qui, visto che non si tratta di un’operazione nuova nel suo genere, sennonché per After The End si è arrivati anche a urlare al miracolo e si sono spesi voti ben oltre la media nazionale. La ricetta? Voce profonda che sposa l’eleganza di un Bryan Ferry primo periodo all’eloquio malinconico di un Morrissey che si lecca le ferite, melodie che partono da basi folk e alt country e danzano con intenzioni sintetiche e ritmi secchi figli di certa new wave ed il gioco è fatto. Certo la terna di numeri che vanno dalla leggiadra Enemy, passando per True Monument (che non avrebbe sfigurato in Plans dei Death Cab for Cutie) e arriva a Green Lady è il paradiso di chi vede nell’arte del rimestio di riferimenti, il segreto aureo della sintesi pop ed è pronto a strapparsi le vesti. L’effetto è comunque notevole e non è difficile pensare che chi adori (verbo abusato in questa stagione di superlativi) i National non possa che saltare dalla gioia. Sparati i colpi migliori, il disco procede onestamente in bilico fra mestiere e discreta scrittura pop, per arrivare a momenti come Little Killer e Looking Glass Waltz, dove testi e melodia non fanno neanche mistero di ambire agli Smiths, senza troppo pensarci su. Insomma, tutta la formazione titolare dei riferimenti essenziali dell’Angst 2.0, Smiths in testa, ma anche Cure, NewOrder e R.E.M.. Una bella adolescenza passata nel giardino di casa a strimpellare la chitarra acustica ed il gioco è fatto. “Won’t someone please help me/ I’m too young to feel this old” sintetizzano i Merchandise e per molti questa non è che la conferma che questi hanno capito tutto. Oppure, un pasto perfetto per i detrattori che ci vogliono vedere furbizia, ansia da grande rock e puzza di preconfezionamento. Ma si sa che oggi è facile confondere la didascalia obbligata da piattaforma Social Network, con la “sublime sintesi del pop” che riuscirà finalmente ad abbattere i muri dell’indie rock e mainstream. Il messia che a furia di messaggi haiku, che gettino un ponte fra passato e futuro, metta d’accordo tutti. In attesa di battere il record di like su Facebook, i Merchandise, con la loro pur pregevole scrittura pop, sono gli ultimi a esserci finiti in mezzo. Un disco come il loro (e fra l’altro la voce del cantante curiosamente ricorda quella di Steven Lindsey dei dimenticati Big Dish, gruppo scozzese con ansie mainstream – ancora – fine anni ottanta) solo un paio di decenni fa, sarebbe stato archiviato come una buona, onorevole opera prima. Oggi, lo stesso disco provoca dibattiti e invita a gridare al miracolo, forse perché di miracolo c’è una voglia compulsiva. Purtroppo non saranno i Merchandise a darcelo, perché non basta avere tutti i riferimenti al posto e al momento giusto per confezionare il capolavoro. Nell’immaginario della musica popolare l’album indimenticabile nasce laddove c’è del rischio, qualcosa può o va storto e i significati crescono dopo ogni ascolto spontanei, senza che il pasto sia stato preparato necessariamente a tavolino. Insomma,  After The End non è #1 Record dei Big Star, e non credo neanche ambisca a esserlo. L’importante, che vincano mainstream o indie rock, è ridare la giusta misura alle cose. Ci avete veramente preso tutto. Lasciateci almeno sperare di poterci ancora sorprendere, senza ricoprirci a forza di superlativi.

 

 

 

 


Caro Moz, ti scrivo

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Nel giorno in cui Morrissey suona a Milano e a me tocca stare da solo in negozio dopo aver dato la mia benedizione Moz et Orbi a un gruppo di eroi locali partiti alla volta dei suoi gorgheggi, pubblichiamo l’ennesimo e valoroso contributo de Il Direttore (che non sono io, mi tocca dire una volta di più, non per prenderne le distanze, ma perché i meriti vadano alle firme giuste).

Stasera Moz farà Asleep e magari io avrò finito da poco di rispondere a uno che mi chiede se abbiamo dei bootleg dei Dream Theater.

Crudele è la vita.

Nel frattempo, la parola a Il Direttore:

Lettera a Mr. Malcontent – Una (non) recensione di World Peace Is None Of Your Business

Caro Moz, buffo apostrofarti in chiave epistolare. Una forma di comunicazione sempre da te apprezzata e coltivata, sia con i tuoi idoli sia (soprattutto) con i tuoi bersagli prediletti. Oramai ogni tua iniziativa o uscita pubblica è congedata da recensori e stampa come oggetto da cronaca scandalistica. Ulcere, raffreddori, canzoni e concerti (per lo più annullati, ultimamente). Tutti nello stesso tritacarne mediatico. La M di Morrissey in rigido ordine alfabetico fra Linsdey Lohan e Britney Spears. Certo, tu non hai fatto molto per evitare di diventare una fotografia da rotocalco. Sembra quasi che ti diverta a trasformare il tuo romanzo d’appendice in una storia a puntate buona per il Sun e le letture da salone di bellezza. Quasi che tu sia convinto che basti la tua diversa appartenenza letteraria, la tua peculiare attenzione per le figure metaforiche, per offrirti al Dio Gossip, sapendo di poterne uscire elegantemente quando vuoi. Credimi caro Moz, il mondo ha dimenticato da qualche tempo il significato della preservazione dell’Eroe. E’ sempre più difficile marcare le distanze, e quando ti offri al bagno sociale, ne diventi immediatamente parte. D’altro canto tu hai sempre diviso, e lo sai. Chi ti avrebbe regalato il diario segreto e avvolto in un Union Jack fradicia di lacrime, all’ombra monumentale della Battersea Power Station. Chi invece ti ha sempre dismesso come un re monco, uno che aveva bisogno comunque sempre di qualcuno che traducesse in musica le proprie invettive e poesie. Le cime tempestose di Stephen Street, la carezza glam di Mick Ronson (Dio lo abbia sempre in gloria) e poi la gang fedele di Whyte e Boorer, prima che finissi di litigare pure col primo. Sempre sulla graticola, dove credo che alla fine ti piaccia un po’ piazzarti, nonostante tu abbia sempre dichiarato il tuo aristocratico disinteresse per le cose del mondo. Alla fine, che si parli bene o male, l’importante è che se ne parli. Eppure il Salford Lads Club, a Manchester è diventata una bella attrazione per gli amanti 2.0 del vintage vittoriano e Johnny, quell’ingenuo indifeso Johnny che a te piace sempre immaginare, fa dischi a suo nome e canta le canzoni degli Smiths per suo conto. Tu oramai guardi con affetto i tuo accorati fan chicanos e guidi la decapottabile sulla Highway 1. La madre patria e i Teddy Boys sono un ricordo lontano. Hai giocato a freccette a sufficienza con i bersagli di Mike Joyce e il giudice Weeks nella tua autobiografia e, nonostante l’insistenza sugli argomenti sia una delle tue manie predilette, converrai con me che sia plausibile che il mondo sfili via tranquillo senza curarsi troppo delle tue inquietudini di mezza età. Ma veniamo al tuo nuovo disco. Tu ti senti un (non troppo) giovane Werther continuamente alle prese con gli stessi dolori, ma chi ti accusa di essere piuttosto una cicala in andropausa avrà di che divertirsi, fra proclami contro la guerra, sermoni sui mali dell’umanità e crociate contro divoratori di carne rossa e affini. Il mondo salvato da parole necessarie, sempre che si sia un mondo la fuori a volersi far salvare. La tavola è ben apparecchiata per armare i detrattori. Eppure, caro Moz, ti confesso che questo capitolo del tuo diario mi lascia ben sperare, dopo il passo falso di Years Of Refusal, primo disco veramente inutile della tua carriera. Passo oltre la tua solita cura per la forma, dalla copertina fino alla scelta dei caratteri dei titoli stampati. Tutta materia da feticisti del dettaglio, quali tu stesso negli anni ci hai educato ad essere, consci che sia inutile cercare condivisione su certi temi complessi come l’importanza della forma, nei pochi caratteri di un cinguettio, in quest’epoca di didascalie obbligate. Probabilmente, anche tu dovresti fartene una ragione. In realtà, qui sono i tuoi azzardi a conquistarmi e incuriosirmi. Dall’Hollywood Drama, con tanto di uccellini e archi malinconici di I’m Not a Man, pronta per prosceni da Vaudeville alle chitarre flamenche che fanno tanto nobiltà di Kiss Me Alot, scioglilingua elegante, fra “sentimiento que se baila” e confidenzialità barocca. E c’è pure spazio per alcuni degli inediti mai cosi a fuoco, per chi si vuole spingere fino all’edizione estesa dell’album. Salford è proprio lontana e ora che la tua amata Inghilterra è oramai diventata un numero alla fine di un bilancio finanziario trimestrale, poco importa. C’è un nuovo mondo che ti attende, libero da vincoli di appartenenza. E allora, caro Moz, se posso, ti consiglio di darti senza remore. Laddove Hollywood ti pavimenta un lungo dorato viale del tramonto, getta le tue braccia e dimentica Parigi e Coronation Street. Se sei la rockstar vivente più famosa del mondo è ora di dimostrarlo, facendo orecchie da mercante a chi dubita o vive di poster sul letto della cameretta. Più Elvis e meno Wilde, più Las Vegas e meno Mercury Prize, se posso azzardare. Prendi al volo quel tram chiamato desiderio e rimetti le armi che tieni affilate, per provare a combattere quella modernità che tanto t’ignora comunque. Conquistali con la tua verve, che il tuo vocalizzo malinconico rivaleggi con Barbra Streisand piuttosto che con Damon Albarn o Jarvis Cocker. Death of A Disco Dancer e i titoli di coda di una stagione che scorrono sul tuo sillabare con orgoglio Oboe Concerto, come ti avrebbe insegnato Pasolini. Eresia per gli irriducibili del ricordo a tutti i costi, luccichio del tuo nuovo vestito da crooner lunare. Non aver paura della passerella e affrontala con la tua consueta eleganza. Saremo lì ad applaudirti nonostante i “se” e fregandocene dei “ma”. Con deferenza ti saluto e ti auguro di tenerti in Buona Salute e di dare meno retta alle cassandre. Il mondo ha ancora bisogno di Dive che non abbiano paura di esserlo.

 (Il Direttore)

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MyTunes on Tour – ottobre 2014

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Ciao a tutti,

ecco qualche nuovo appuntamento

Vi aspetto

Maurizio

 

Giovedì 9 ottobre

 

La Feltrinelli libri e musica

Via XX Settembre, 55

Bergamo

ore 18.00

presentazione MyTunes

 

Domenica 12 ottobre

 

Libreria Centofiori

P.le Dateo, 5

Milano

ore 11,00

presentazione MyTunes

introduce Luca De Gennaro

 

 

Martedì 14 ottobre

 

Piazza San Lorenzo

Giaveno (TO)

Fiera del Libro

Ore 21,00

presentazione MyTunes

introduce Alessandro Besselva Averame

 

 

Mercoledì 15 ottobre

 

Blu Room, Centro Musicale – via Aldo Moro 49/a

Chivasso (TO)

Ore 21,30

Reading MyTunes con Andrea Pomini al mixer

 

 


MyTunes On Tour Is Back!

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Ciao a tutti.

Bentornati.

Si ricomincia,

questa settimana:

 

-Martedì 16. ore 19,00

arciPelagoBeach Murazzi Torino

(lato destro, penultimo gazebo scendendo da Piazza Vittorio,

o secondo gazebo scendendo dal Valentino)

presentazione MyTunes, divagazioni e birre medie con Paolo Ferrari (aka Paolone)

https://www.facebook.com/events/1491395854441544

 

-Mercoledì 17. ore 19,00

Open, Viale Montenero 6, Milano

presentazione MyTunes e reading con musiche di Selfimperfectionist

(vedi allegato)

 

-Venerdì 19. ore 19,30

Ritmika 2014, ex Foro Boario, Piazza del mercato,

Moncalieri (TO)

presentazione MyTunes e reading con musiche di Selfimperfectionist

(a seguire Perturbazione live)

 

Vi aspetto

Maurizio


Privè (per niente privè) luglio/agosto

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60s-surf

 

Eccoci.

È arrivata l’estate.

Almeno pare, perché qui sembra più il tempo di Amundsen che quello del windsurf.

Ma è ora di partire e soprattutto di portarsi dietro musiche, libri o film buoni per sei mesi.

Almeno io faccio sempre così. Mi agito.

E se poi mi viene voglia di ascoltare Dusty Springfield e non ho niente?

Forse è l’anno buono per spararmi tutto Francis Scott Fitzgerald?

Riguardo tutti i dvd dell’ispettore Callaghan?

Mi carico come un mulo.

Diciamocelo, l’estate è quel periodo in cui “noi” tendiamo a fare le stesse cose di sempre. Sia che si rimanga o che si veleggi altrove. Dischi, libri e film. Quindi ho chiesto ad amici e clienti (quasi sempre le due categorie coincidono) di Backdoor esattamente questo.

Suggeritemi tre dischi, un film e un libro.

Sotto troverete, con qualche variazione sullo schema, i consigli di un plotone di eroi.

Per quest’anno puoi anche non cambiare, stessa spiaggia, stesso mare, ma il godimento ve lo assicuriamo noi.

Scegliete tra i tanti titoli e godetevi le vacanze.

Maurizio


spiaggia lago michigan, Chicago

spiaggia del lago Michigan, Chicago

Francesco “Giusty” Giustino

Dischi:

Best Coast Crazy for you

La band più estiva del mondo

Roxy Music Avalon

La mia estate del 1982 è stata segnata in buona parte da questo disco, More Than This e Space Between su tutte.

Fleetwood Mac Rumours

Ancora estate 1982, una sera al paesello in provincia di Bari a casa della buon’anima dell’amico mio Tonino ascoltando Go Your Own Way a tutto volume, la West Coast che va sull’Alta Murgia!!!!!!!!!!!!!!!!!

 

Aggiungo una canzone, Nostalgia dei Chameleons, perché l’estate è anche ricordo e malinconia, il titolo è inequivocabile.

A settembre mi immagino con il kleenex ascoltando il cd per la trentesima volta.

 

Film:

Nell’estate del 1976, alla RAI, diedero una bellissima rassegna di fantascienza che venne inaugurata da uno dei film migliori della fantascienza in bianco e nero: La cosa venuta dall’altro mondo con Zeb Arness (quello de La conquista del West) nella parte dell’alieno bastardo e indistruttibile.

Estate 1983, ancora Alta Murgia, cinema Vittoria.

Con gli amici si va a vedere La cosa che, del film sopracitato è il remake fatto da John Carpenter. Segue dibattitto davanti alla focacceria di Nicola (un vero mago del forno a legna). Al dibattito partecipano Nicola F., Nicola N., Fabrizio e un’altra decina di persone. Si parla della base norvegese, del cane che porta il virus alieno, di Kurt Russel che è un vero capo e dei ghiacci polari. Durata del dibattito un’ora circa, parole in italiano nessuna, tutto in rigoroso dialetto barese.

Libro:

Jonathan Lethem La fortezza della solitudine

Bellissimo.

alki-beach Seattle

spiaggia di Alki, Seattle

Simone Dotto

Dischi:

Ben Frost A U R O R A

Eccetto quei due-tre nomi di ordinanza da sfoggiare con gli amici più aggiornati, chi scrive non mastica granché di elettronica. Ben Frost rientrerà anche nella categoria, ma è un animale ben lontano da clubbing e deejaying di tendenza: concepito tra radure d’Africa e i geyser d’Islanda, A U R O R A è l’abisso che ci guarda dentro.

Strand of Oaks Heal

Synth pop e chitarre elettriche, insieme ma senza inorridire. Tale Tim Sholwalter che fino a ieri l’altro raccontava di papi e dragoni ora ha scelto di andare in terapia. Parla di sé e degli ascolti della sua adolescenza, invita J. Mascis e omaggia Jason Molina. Una vita, la sua, scandita dalla collezione di dischi, proprio come la nostra.

Songs: Ohia Ghost Tropics

Molina, appunto. Perché quando si ripensa a lui si ripensa sempre al chitarrone: e invece in questi “tropici fantasma” si ascoltano solo rumori d’ambiente, cinguettii di uccellini, percussioni sfiorate appena. E poi una voce, quella voce lì, sola come non mai.

Film:

Charlie Kaufman Synecdoche, New York

Arrivato in Italia con otto anni di ritardo, “grazie” alla morte di Philip Seymour Hoffmann. E’ effettivamente è la storia di un uomo di teatro che muore, ma che prima di morire vuole raccontare la vita degli altri. Di tutti gli altri.

 Libro:

Luca Rastello I Buoni

Molti crimini sono migliori di questa legalità. Molti criminali sono migliori dei suoi sacerdoti”. Un romanzo su chi ha fatto della bontà una professione e del rispetto della legge un feticcio. Ma per quanto noi ci crediamo assolti…

 

 

serpentine beach, London

 The Serpentine Beach, Londra

 Bruno “the english man”

Dischi:

New Order Technique

Bill Cargill Submarine Address

Saint Etienne Finisterre

Film:

Harmony Korine Spring Breakers

Libro:

Marco Mesneri Addio Monti

 

Mullaghmore beach, Ireland

spiaggia di Mullaghmore, Irlanda

Andrea Pellizzer

Dischi:

Fennesz  Besc

perché è uno dei miei regali di compleanno (di Chiara) e continua a girare in queste sere estive

Arcade Fire Reflektor

il disco più caldo degli Arcade Fire, visti in concerto a fine giugno, sono i nuovi Talking Heads

Slowdive  Souvlaki

già il titolo fa estate (greca), il 16 luglio hanno suonato a Padova, sentendo Alison ho pianto come un bambino

Film:

This Must Be The Place, scritto e diretto da Paolo Sorrentino : un film del 2011 che tutti dovrebbero aver visto, ambientato parzialmente a Dublino: quest’anno ferie estive in Irlanda

Libro:

Lester Bangs Deliri, desideri e distorsioni

uno dei regali di Chiara per Natale,

ho iniziato (colpevolmente) a leggerlo solo ora

 

spiaggia grotta bue marino, sardegna

spiaggia della Grotta del Bue Marino, Sardegna

Il Signor Franco

 

Disco

 Charlie Haden The Ballad of the Fallen

 Film:

 Charlie Kaufman Synecdoche, New York

Libri:

 Jared Diamond Armi, acciaio e malattie

Adriano Sofri Machiavelli, Tupac e la Principessa

Erling Jepsen L’arte di piangere in coro

 

spiaggia riserva naturale Torre Guaceto, Brindisi

spiaggia della riserva naturale di Torre Guaceto, Brindisi

Antonio Marra

Dischi

The Frowning Clouds Whereabouts

Deian e l’orsoglabro Prezzo speciale

McCarthy Red Sleeping Beauty ep

Film:

 Mamuro Hosoda Wolf Children – Ame e Yuki i bambini lupo

Libro:

 Extence Gavin Lo strano mondo di Alex Woods

 

spiaggia D-Day, Normandia

spiaggia del D-Day, Normandia

Giorgio Pilon/Selfimperfectionist

 

Dischi

Ninos du Brasil Novos Misterios

Ben Frost Aurora

Chris & Cosey Song Of Love & Lust

Film:

Eric Rohmer La nobildonna e il duca

Libro:

Francesca Serafini Di calcio non si parla

spiaggia delle barbados, con Hugh Grant

 spiaggia delle Barbados, con Hugh Grant

Carlo Bordone

 

Dischi

 Courtney Barnett A Sea of Split Peas

la ADORO, vorrei fosse mia amica e andarci in giro per concerti e negozi di dischi

Colorama Temari

gruppo gallese un po’ tipo Superfurry Animals, prodotti da Edwin Collins e con ex dei Jennifer Gentle, ottimo

Keith Cross & Peter Ross Bored Civilians

ristampa Esoteric di un duo di giovanissimi: 1972, capelli lunghi, Badfinger + Caravan, cover di Sandy Denny, disco fantastico

Film:

 Jersey Boys, del vecchio Clint

Libro:

Edward St Aubyn I Melrose

 

spiaggia sulla senna, parigi

spiaggia sulla Senna, Parigi

Maurizio Blatto

Dischi

Marcos Valle Garra

Effetto Felipao al contrario: per ogni disco ascoltato, questo gira sette volte.

Fenomenale, la ricchezza è pari alla goduria.

Fitness Foreves Cosmos

Partito tempo fa, è arrivato (giustamente) fino all’estate.

In Cane Ciuff We Trust.

Loscil Endless Falls

Sul letto, condizionatore a 18 gradi, modalità muscolo (tempesta di vento) e due gocce di Loscil.

Vi saluto.

Film:

Woody Allen Manhattan

Un rito estivo. Lo so a memoria.

Ogni volta che lo riguardo mi piace di più e penso che non dovrei partire e rimanere in città,

ad annusarla, amarla e vederla in bianco e nero.

Libro:

Jay McInerney Si spengono le luci

“L’estate era calata sulla città come una banda giovanile che sbuchi all’improvviso da dietro un angolo: aggressiva, compatta, odorosa ed eccitante, carica di elettricità”.

Finiscono gli anni ottanta?

Finisce un matrimonio?

Are you ready to be heartbroken?

 

spiaggia sul fiume Nilo a Tereka, Sud Sudan

spiaggia sul fiume Nilo a Tereka, Sud Sudan

Marco Gotta

Dischi

Peter,Bjorn & John Writer’s Block

I’m From Barcelona Let Me Introduce My Friends

War On Drugs Lost in the Dream

Film:

Catherine Hardwicke Lords of Dogtown

 Libro:

John Niven A volte ritorno

 

spiaggia di sanremo

spiaggia di Sanremo

Rossano Lo Mele

 

Dischi

The The Soul Mining 30th Anniversary

Un disco anziano, ma che non invecchia. Un album di non genere, ma che li ingloba tutti, i generi. Rischioso e commestibile. La cronaca – al di là della lussuosa versione in vinile pubblicata per il suo trentesimo compleanno, anche un nice price su cd, usato o meno va bene – riporta alla luce un disco che l’ombra non l’ha mai conosciuta.

Black Keys Turn Blue

Li si da ormai un po’ per scontati, i Black Keys. Perché molto o troppo famosi e perché producono hit gommose. Ma questo disco qui, l’ultimo pubblicato, è davvero travolgente per inventiva e capacità di mettersi in gioco. Psichedelia, i Pink Floyd migliori dei primi ’70 e il solito, magico, tocco chitarristico e vocale di Auerbach.

The National Trouble Will Find Me

In attesa dell’imminente uscita del film-documentario Mistaken for Strangers, l’ultimo album dei National continua a rimanere un disco di classicità americana assoluta. Dove l’effetto sorpresa viene mangiato dalla grandezza delle canzoni e dalla maturità di un gruppo che oggi ha pochi o nessun rivale, in questo ambito.

Film:

 Jersey Boys. Tutto funziona a meraviglia nell’ultimo film di Clint Eastwood. Le canzoni, gli abiti, la ricostruzione di quel New Jersey mezzo mafioso del dopoguerra. La storia ha dell’incredibile, ma sono americani (Frankie Valli & The Four Seasons, i protagonisti del film), quindi tutto diventa: credibile.

Libro:

 Tobias Wolff La nostra storia comincia (Einaudi)

Della serie c’è vita dopo Raymond Carver. Il vecchio Tobias ha vissuto una vita al buio, vista l’egemonia di Carver in tema di short stories. Ma questa nuova raccolta ne celebra ancora una volta il suo magistero narrativo. Fatto di poche pagine a botta. E dove un semplice litigio domestico spalanca porte ed emozioni.

 

spiaggia di Coapacabana, Rio de Janeiro

spiaggia di Copacabana, Rio De Janeiro

nando

 Estate 2014

 Sebastien Tellier L’aventura

L’estate

AA VV Wow wild summer-Creation 1984

Le estati

 Isaac Hayes Summer in the City

Jonathan Richman That summer feeling

Bananarama Cruel Summer

Primal Scream Higher Than The Sun

The Style Council Long Hot Summer

Bertrand Burgalat This Summer Night

Astrud Gilberto The Girl From Ipanema

Belle and Sebastian I Know Where the Summer Goes

Pavement Summer Babe

Bruno Martino Estate

 

Film:

Luciano Emmer Domenica d’agosto

Libro:

Stephen King Stagioni diverse – Il corpo

maaahafushivaru, Maldive

spiaggia di Maaahafushivaru, Maldive

 Domenico “avvocato”

 

Dischi

Classixx Hanging gardens

Il sogno elettronico di una notte di mezza estate targata L.A. Il tempo che non ritorna o che, forse, per qualcuno, non arriverà mai.

Rhye Woman

L’altra metà del cielo capace di rasserenare anche i cuori più tormentati.

Todd Terje It’s Album Time

La promessa balearica di un’estate magica e carica di promesse.

Libro:

David Bezmozgis Il mondo libero

L’estate romana del 1978 di una famiglia lituana nella sua fuga tragicomica dalla Russia brezneviana verso Israele e il sogno della libertà sconosciuta.

Film:

Leone Pompucci Mille bolle blu(1993)

Le vacanze di Sandrino in attesa dell’eclissi del 1961.

Il boom economico visto con gli occhi di un bambino.

spiaggia della baia di talamanca, ibiza

spiaggia della Baia di Talamanca, Ibiza

Altomare

 

Dischi

 Mark Barrott Sketches from an Island

Il disco che raccoglie gli ultimi due 12″ pubblicati da Mark Barrott, fondatore della International Feel che quest’anno dall’Uruguay si è trasferito a Ibiza. Dall’alba al tramonto, l’album perfetto per un’estate balearic.

A.r.t. Wilson Overworld

L’enfant prodige australiano Andras Fox si lascia alle spalle la deep house e sforna un disco impeccabile, tra Sakamoto e Badarou. Uscito in musicassetta, sarà presto disponibile anche in vinile.

Joan Bibiloni El Sur

L’etichetta di Amsterdam Music From Memory riepiloga la carriera del chitarrista spagnolo Joan Bibiloni con un LP pieno di sorprese: dal tramonto in poi.

Libro:

Elias Canetti Il testimone auricolare

Brevi e taglienti racconti da leggere al riparo dal sole, sotto l’ombra di una pineta.

Film:

Eric Rohmer La Collectionneuse

Uno dei tanti film di Rohmer ambientato durante le vacanze estive, ovviamente in Costa Azzurra. Colonna sonora dei Blossom Toes.

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spiaggia di Iquique, Cile

Andrea “il bambino”

 

Dischi
Marine Girls Beach Party
Non occorrono spiegazioni, d’altronde Tutti Lo Sanno.

Love Forever Changes
L’estate avvelenata dal Vietnam, perché c’è sempre una Bummer in the Summer.

AA VV NME C86
Com’è rilassante lasciarsi cullare dal jangle pop.

Libro:
Bruce Chatwin Che ci faccio qui?
Come viaggiare comodamente, stando seduti sulla poltrona di casa.

Film:
Alfred Hitchcock La finestra sul cortile
Da vedere in prima serata su Raitre, possibilmente intervallato da una réclame della Cedrata Tassoni.

 

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 spiaggia di Galveston, Texas

Mauro “Il Direttore”

 

AA VV Too Slow To Disco

Il tuffo nella hot tub che meritavate, senza che nessuno vi avesse avvertito prima. La vita e’ anche questione di arrangiamento.

Blueboy If Wishes Were Horses

La copertina perfetta per il disco dell’estate del cuore. L’Agosto di prati bagnati del sud dell’Inghilterra.

The Beach Boys Smile

La California. I giovani leoni di John Milius prima che il sogno di un’estate si avvelenasse con il Napalm e Brian Wilson che suona il piano in salotto con i piedi nudi infilati in una vaschetta di sabbia immacolata. Non e’ mai troppo tardi per un sorriso infinito.

 

Film:

John Milius Un mercoledì da leoni

 

Libro:

 Aldo Nove Amore mio infinito

L’estate dei condomini, la passeggiata e il gelato. Rimettete pantaloni corti e sandali di plastica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Radio RAI!

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Questa sera (30 luglio), dalle 22,00 alle 23,00

sulle frequenze di Radio RAI 1

Maurizio Blatto e MyTunes ospiti.

Playlist, selezioni dal libro e amenità assortite

Sintonizzatevi!

radio rai 1

 

 

 

 

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ultimi due appuntamenti estivi

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prima di consegnarci alle vacanze,

ecco gli ultimi due appuntamenti estivi:

1-Giovedì 24 luglio: Casseta Popular ore 21,30

(ma si può cenare prima)

 http://www.cassetapopular.it/appuntamenti-della-settimana/

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2-Venerdì 25 luglio: ARFF Festival

h.15.00 / BOOBS Area
Colibrì presenta: “MYTUNES – Come salvare il mondo, una canzone alla volta”

(2014, Baldini & Castoldi).

Interviene l’autore MAURIZIO BLATTO,

musiche di Giorgio Pilon a.k.a. Selfimperfectionist

http://www.tolocals.com/alpetterock/arff14-il-programma-ufficiale/

arff

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


brezza estiva – tre recensioni de Il Direttore

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Ritornano i consigli di Mauro/Il Direttore

https://www.backdoor.torino.it/?cat=5

 

ecco tre recensioni, tutte per voi.

WhatIsThisHeart

 

 

 

 

 

 

 

 

 

HOW TO DRESS WELL – What Is This Heart?

Tom Krell ha sempre amato l’arte del defilarsi. Le sue sinfonie domestiche cosi sfuggenti, accenni R&B di una precarietà crepuscolare, quasi impalpabile. Una voce sicuramente black, ma timida, imbarazzata nel concedersi. Un mondo di fantasmi, celebrati nella saga domestica di Total Loss, dove parenti e amici morti accompagnavano Krell nel suo dolce e malinconico viaggio della memoria. La chiamavano witch house e Krell insieme ad altri colleghi dell’etichetta simbolo Tri Angle e a quell’altro esploratore delle morbidezze della notte che è The Weeknd, ne è da subito stato uno degli alfieri più illuminati. E il suo nuovo lavoro si apre proprio come Total Loss finiva. 2 Years On (Shame Dream). Stessi fantasmi della memoria, uguale nostalgia. Qualcosa però indica una nuova direzione. La voce è più sicura e la linea melodica pennellata da piano e chitarra maggiormente definita. Non è più tempo di nascondersi dentro il bozzolo della bassa fedeltà. Le intenzioni si chiariscono meglio in What You Wanted, dove intarsi di sax aprono a possibilità di lussi AOR.  E’ l’inizio di una pagina nuova, in un crescendo continuo fra velleità mainstream levigate con grazia (Krell sa come arrangiare le sue canzoni) e una voce che oramai non teme più il confronto con i riferimenti del passato. E poi arriva Repeat Pleasure. Una cosa che è figlia dello stessa ricetta segreta che animava la perfetta freschezza di Human Nature cosi come immaginata da Jacko e Quincy Jones. Krell vola alto, ma soprattutto non ha più paura. Words I Don’t Remember incontra corpi bollenti nella notte. Krell si scopre fisico e anima la scena che fu di Hall & Oates. Tastiere profondissime costruiscono stanze dove la voce disegna piaceri rosso fuoco. Toccato l’apice, è tutta una discesa in perfetta scioltezza fra arrangiamenti che guardano ai Blue Nile californianidel terzo disco, accenni etnici e azzardi sinfonici come A Power. Insomma, Krell ha svoltato. Un nuovo grande interprete di soul post moderno è tra noi.

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BEN FROST – Aurora

La terra del fuoco. Ben Frost, australiano d’origine ma oramai adottato dai ghiacci d’Islanda, terminale perfetto della Bedroom Community, ecclettica congrega capace di spaziare dalla musica degli Appalacchi all’elettronica ambientale. Ha plasmato con il fuoco strutture elettroniche altrimenti glaciali, nel suo applaudito By The Throat del 2011, reinterpretato colonne sonore sinfoniche con Solaris e partecipato a dischi appunto monumentali, come The Seer degli Swans e Virgins di Tim Hecker. In sostanza, il perfetto paradigma del compositore elettronico postmoderno. Ambientale e fisico, sinfonico e sintetico, freddo fuori ma bollente dentro. Se By The Throat era, appunto, un peculiare esempio di amalgama fra interferenze elettroniche, magma sintetico e volontà cinematografiche che provava a disegnare un percorso ambient sospeso, Aurora è il suono finale del campo magnetico terrestre che tende a diluirsi più velocemente che nel passato, l’approdo ultimo di Melancholia di Lars Von Trier. Coadiuvato nella sua ricerca di fisicità metallica da due esperti del genere, Thor Harris degli Swans e Greg Fox dei Liturgy, Frost abbandona le chitarre ed espande il campo d’azione dei suoi bleeps disturbati e rotti. Ne nasce un’ipotesi di dance primitiva e scurissima, quasi un sabba vichingo (qualsiasi cosa voglia dire). Più Sandwell District e Container che Basinski. Numeri di danza quasi epilettica, istintiva, tagliati di traverso dai ritmi marziali regalati da Harris e declinati su un intercalare senza sosta di crescendo e di silenzi e su linee melodiche materializzate sottotraccia. Il rave alla fine del mondo di Nolan, una delle cavalcate elettroniche definitive degli ultimi anni, il volo a planare di Secant e l’EDM sfiorata di Venter o No Sorrowing, tutti segni di una materialità grezza ma in realtà plasmata con cura. Venga Il Tuo Regno, come diceva Vollmann nella sua crudissima storia degli albori dell’America. L’elettronica non è stata mai cosi materiale e dolcemente dolorosa.

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THE WAR ON DRUGS – Lost In The Dream

 

I segnali oramai sono chiari. Ariel Pink lo aveva capito. Simon Reynolds già teorizzato in ampie parti del suo saggio Retromania. La spiaggia in bianco e nero ritratta nel video di The Boys Of Summer di Don Henley aveva un dopo. Il Luna Park di the Tunnel Of Love di Springsteen era ancora aperto e le lezioni di volo di Tom Petty imparate a memoria. Gli americani uscirono definitivamente dagli anni settanta saccheggiando le tastiere analogiche del new pop inglese e regalandole a poesie di auto sfreccianti e donne sempre sulla soglia ad aspettare. Fu uno scandalo. Si danzava nel buio per la classifica, con gli occhi di Courtney Cox che guardavano lucidi. Il post punk aveva fallito e come sempre qualcun altro ne aveva capitalizzato le possibilità sintetiche. History Is For The Winners. Tastiere e fiati aerei al servizio di un capitalismo anelante di futuro. Opportunità di arrangiamento abilmente intercettate da The Boss, Dire Straits e Dylan. Per anni chi marca il ’77 con una netta linea bianca additò tutti loro come l’Anticristo. Mai e poi mai. Adam Granduciel sta nella sua stanza buia. Riflette. Ha avuto ovviamente una storia andata tranquillamente a puttane e vorrebbe scriverne. Due dischi alle spalle, in cui ci ha provato, ma non è riuscito a mettere a fuoco. Under The Pressure parte con il finestrino giù e la strada dritta davanti. Qualche anno fa, Jeff Tweedy chiese aiuto con l’alfabeto morse. Yankee Hotel Foxtrot come tentativo estremo di comunicare. Interferenze meta pop in corpo neo folk. Qui Granduciel parte con l’indolenza vocale di Tom Petty e incontra i lussi di sax fine ottanta sulle strade della California. Non è più solo. Gli sputi dell’oceano e il vento in faccia An Ocean In Between The Waves danno la sicurezza per rilanciarsi con un grido e un bell’assolone di chitarra, senza aver più paura di essere presi per dei cari estinti. Il gioco è fatto. I velluti notturni di Suffering e la Pale Shelter al rallentatore di Disappearing dove fa capolino anche un’armonica che avrebbe reso fiero Paddy Mc Aloon. Gomito fuori dal finestrino, sole, terra orizzontale e l’oceano a un lato che scorre. Per arrivare alla confessione finale di In Reverse. Granduciel chiude il cerchio e c’è chi si commuove, mentre altri hanno ancora provato a protestare, citando prima dell’arrivo Young Turks di Rod Stewart. Certo, vero, ma i ricordi non hanno regia, arrivano come un’onda. Il piano di The Way It Is di Bruce Hornsby e il sipario cala sui due amanti a piedi nudi di Don Henley. Si rincorrono ancora sulla spiaggia e noi non possiamo fare a meno di sperare non smettano mai.  Some Things Will Never Change.