Il Gatto che pesca

Postato il

Giovedì 10 luglio, ore 21.00

LIBRERIA IL GATTO CHE PESCA

Via Martiri della Libertà 42, San Mauro Torinese – Torino

 

Presentazione di MyTunes

reading di Maurizio Blatto

con musiche originali di Giorgio Pilon/Selfimperfectionist

interviene Marco Lazzarotto (scrittore)

Mytunes

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


50 x 70

Postato il

Lunedì 7 luglio, con l’autore e la redazione di Rumore, presso il circolo Casseta Popular (Via Tripoli 56, Grugliasco (TO) , presentazione di

50 x 70

 

 

 

 

 

 

 

 

In allegato al numero 270/271 di Luglio/Agosto, troverete una delle nuove “Guide Pratiche di Rumore”. Si intitola “Cinquanta per ’70″ e tratta per l’appunto gli anni Settanta: nascosti, sconosciuti, dimenticati o negati. 50 tesori sommersi per esplorare il lato musicale nascosto di un decennio contraddittorio e vitale. Dalla California al Brasile, da Londra a Seoul, dal punk alle porte del cosmo: un ritorno al futuro in 50 album.

Il volume è a cura di Carlo Bordone, una delle più importanti firme del music writing nazionale.
http://rumoremag.com/2014/07/01/rumore-270-271-luglio-agosto-2014/

 

 


Privè maggio/giugno 2014

Postato il

quel pomeriggio di un giorno da cani morti

 

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Capisco che ci sono situazioni decisamente peggiori, impieghi usuranti, tirannie dettate dai gradi, banalità assassine da ufficio, però ogni tanto affiorano dei dubbi su ciò che faccio e sul mio ruolo. Talvolta mi tocca tornarci, niente da fare. Ad esempio qualche settimana fa mi sentivo piuttosto stanco e stavo guardando una vetrina di libri in una via pedonale del centro. Nel riflesso del vetro, tra un Cammilleri e un Fabio Volo, mi è parso di avere la faccia come un krapfen, gonfia e priva di espressione. “Non va”, mi sono detto, come i telecronisti di Mediaset quando l’attaccante spara alto sopra la traversa. Mesto e pensieroso, ho iniziato a sentire una voce che mi chiamava, prima flebile quindi più risoluta. “Mauri, Mauri, sono qui”. Sono qui, ma dove? Di fianco a me non c’era nessuno, all’interno del negozio non anima viva. Bene, ho pensato, è ora. La Morte è venuta a impacchettarmi o per ben che vada sto iniziando ad avere le allucinazioni. Finirò per discutere con ragazzi con la faccia da alano che vedo solo io, lo sapevo. Poi una mano mi ha sfiorato la caviglia. Benissimo, sono gli zombie, non ci avevo pensato, ma è una possibilità. Walking dead che mi hanno riconosciuto per quel che sono, un poveraccio con la faccia da krapfen. Finirò per essere il loro pasto. Uno snack. Allora ho abbassato lo sguardo di scatto e ho visto uno con la faccia vagamente familiare tentare di portare il busto fuori da un tombino. Capelli biondi, casco protettivo e barba sfatta, è Alessandro, uno con cui giocavo a calcio da ragazzino e che non vedevo da almeno vent’anni. “Lavoro per una ditta di spurgo, tu come te la passi?”. Ecco, il punto è questo. Io me la passo bene, chiaramente, posso dire a uno che sguazza ogni santo giorno nel liquame che ne ho le palle piene di quelli che mi chiedono quando ristampano Starsailor di Tim Buckley su cd? Bè, davvero no. Però ci sono giornate faticosissime, progettate da psichiatri deviati, assassini del comportamento. Quel pomeriggio di un giorno da cani morti si apre con una mattinata piena di svogliati, quelli che entrano senza desiderio, sfogliano a caso, non sanno nulla e trovano una parvenza di interesse unicamente nella sezione dei Pink Floyd. Innocui, ma logoranti. In genere dicono “Ah, ma si vendono ancora i dischi?”. I livelli di possibile risposta sono tre: 1 (amichevole) “Sì, anzi c’è stato un bel ritorno di interesse legato al vinile”. 2 (algido, ma nervosetto) “Bè, se siamo qui, vuol dire che si vendono ancora”. 3 (definitivo, di commiato) “No, non si vendono più. Teniamo aperto il negozio solo per rispondere a domande di coglioni come te”. Oggi siamo attestati sulla risposta numero 2, ma iniziamo pericolosamente a scivolare sull’opzione successiva. Fa caldo, troppo, l’umidità è a livelli tropicali e l’incasso è basso rispetto all’impegno profuso. Abbiamo rifiutato due buste di dischi con almeno sei titoli di James Last, analizzato una lista di ricerca di un appassionato di fusion (presenze in negozio: zero) e allontanato un pensionato collezionista di Dalida perennemente alla ricerca di una rara edizione belga in 45 giri allegata a una rivista femminile. Il primo del pomeriggio è il seguente. “Madonna, quanti dischi… senta, passando davanti mi è venuta in mente quella canzone là, ha presente, quella famosa, quella là… che si sentiva tanto, la sanno tutti, bella, quella là… no, non me lo ricordo il titolo, ma aspetti, è rock, rock… non mi viene nemmeno da cantarla, ma Lei la conosce sicuramente, quella là… ah ecco, magari così le viene in mente, è rock e c’è uno con la chitarra, sì, quella là, rock, con uno con la chitarra, ecco”. Niente da fare, viene accomiatato nell’afa massacrante. Quella là rimarrà un mistero. Boccheggiamo come carpe fuori da un lago svizzero, quando entrano i due castigatori definitivi. Disgraziati totali, accento veneto marcatissimo. Uno, enorme, suda come la Fuente de Cibeles di Madrid e ha una maglietta slavata dei Killing Joke, jeans a vita bassa e una riga del culo esibita con orgoglio e metraggio vicino al Canale di Suez. Si sfrega le mani e annuncia “Sono sicuro che troverò qualcosa”. Sulle braccia ha tatuaggi incomprensibili, probabilmente eseguiti da un cieco. Mi pare di scorgere un serpente con le ruote, ma non ne sono sicuro. È fatto come un’otaria. Andato. Il suo sodale è un rottame psichico, povero lui, con un’ombra di baffi biondi, un cappello piegato sulla visiera stile “se lo fa Jovanotti me lo posso permettere anche io, chi cazzo sono, il figlio della bidella?”. Esuli del SERT, piombati qui. Quello che suda rivolta il negozio, guarda tutto. Ogni due minuti chiama l’amico “Hey Michi, dai che tra un po’ andiamo”. Poi fischia, come a un cane, per richiamare la sua attenzione “Michi sei il migliore, il migliore”. Michi è come imbalsamato sotto una foto promozionale di Betty Davis, appesa vicino alla cassa. La tigre funk, nello scatto, indossa un abitino zebrato ridotto ai minimi termini. Ha lo sguardo di una killer del materasso. Michi all’improvviso mi dice, con una voce a metà tra l’eroinomane e Topo Gigio, “Mia madre ha un vestito come questo qui, ma rosso. Come questo qui”. Indica Betty. Quello che suda fischia tre volte “Sei il migliore, Michi, il migliore. Dai che andiamo”. Sono dentro da più di un’ora. Il Signor Franco è appoggiato alla Clint Eastwood sulla porta di ingresso con lo sguardo rivolto verso il nulla della Piazza, muto. Michi lo raggiunge e gli dice “Lo conosci Aldo?”. Passano decine di secondi e poi il Signor Franco risponde “Quello di Aldo, Giovanni e Giacomo? Sì, quello lo conosco”. Michi non risponde ai fischi e parte in una spiegazione indecifrabile di gente che ha conosciuto anni fa e poi dovrebbe ritrovare ora per motivi di soldi. L’afa e la fattanza si mescolano pericolosamente. Quello con la riga del culo fuori controllo mi strizza l’occhio e mi dice “Questo qui è un fenomeno, tu non hai idea. Un fenomeno. È vero Michi che sei il migliore? Diglielo anche tu, dai che andiamo”. Siamo tutti sul crinale della sopportazione. Sento che ci massacreremo a morsi, come bestie impazzite. Michi è di nuovo inchiodato in mezzo al negozio, muto. La sua storia personale deve essere anni luce oltre ciò che definiamo abitualmente come “drammatico”. Mi pare di capire che sia il fratello della compagna di quello che suda. “Il migliore, dai che andiamo”. Ma non vanno, sono ormai entrati due ore fa. Poi, sei o sette fischi dopo, Killing Joke mi dice “Bel negozio, devo tornare con calma. Ma non sono di qui, ci vediamo quest’inverno. Dai Michi, saluta che andiamo”. Abbiamo due stagioni di salvezza prima di rivederli, sempre che rimangano vivi fino a dicembre. Michi saluta e l’iper sudato si pulisce le mani impolverate sulla faccia, riducendosi come un minatore del Galles anni cinquanta. Sono lo scatto di una versione deviata del National Geographic. Michi saluta, superano il Signor Franco e barcollano verso l’ignoto. Noi non ci diciamo niente.  Avremmo bisogno di una doccia e di una settimana in una Spa a Beverly Hills. Per quei due invece ci vorrebbe un miracolo. Le mosche iniziano a girare in tondo nel negozio, più fresco rispetto al clima sahariano di Piazza Barcellona, e c’è una puzza insostenibile. Afrore di disperazione. Pensiamo di averle viste tutte per oggi, ma il pomeriggio di quel giorno da cani morti necessita di un epilogo all’altezza. Così la porta si apre e ci regala in extremis uno che aspetta immobile di essere servito. Il Signor Franco gli si para davanti, senza dire nulla, come in un duello. Parte l’altro: “Dove li posso trovare dei dvd di Ciccio e Franco?”. Nessuno dice nulla, i muscoli tesi. Poi il Signor Franco gli volta la schiena e risponde, urlando, “A Palermo”. Adesso è finita davvero.

 

Playlist

(cose che mi sono piaciute)

 

Dischi

 

Effe Punto Dinosauri (Labellascheggia)

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Bassa fedeltà per alta intensità emozionale.

I disgraziati americani (Sparklehorse, Vic Chesnutt…),

la grazia inglese (Nick Drake & associated) e i cantautori milanesi di ringhiera

 

AA VV Too Slow To Disco Vol.1 (How Do You Are)

too slow to disco

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il manifesto dello Yacht Rock. California seconda metà anni 70, palme,

eleganza Steely Dan, desiderio Fleetwood Mac, bionde e cocaina.

Ogni tanto bisogna anche godere

 

Gianni Oddi Style (Schema)

gianni oddi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Library italiana 1974. Grandissima ristampa.

Bossa, lounge e una dedica a Twiggy. Irresistibile

 

Swans To Be Kind (Mute)

 

swans

 

 

 

 

 

 

 

 

Più psichedelici, forse.

Sempre mostruosamente compatti.

 

Morrissey The Lazy Sunbathers (da Vauxhall And I )

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Perché poi va a finire che uno dice, ma come? Niente Moz questa volta?

Quindi ecco la canzone perfetta per la dolce pigrizia estiva. Voilà.

 

 

Libri

 

Angelo Del Boca Italiani, brava gente? (Neri Pozza)

 

del boca

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Consigliato dal fido Andrea Pomini.

Nefandezze italiche commesse durante il nostro periodo colonialista.

 

Alex Bellos Futebol (Baldini & Castoldi)

alex bellos

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ideale per i mondiali brasiliani.

Leggete qui

https://www.backdoor.torino.it/?p=114

 

 

 

altro

 

Pif

pif

 

 

 

 

 

 

 

Il Testimone, la sua intervista dalla Bignardi, la capacità encomiabile di cambiare dolcemente “registro”

 

I tifosi messicani e algerini

(grande il Messico, grandissima l’Algeria)

Messico

 

 

 

Algeria v Russia: Group H - 2014 FIFA World Cup Brazil

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Libreria Trebisonda

Postato il

Mytunes

 

Mercoledì 2 luglio, ore 21.00

LIBRERIA TREBISONDA

via Sant’Anselmo 22 – Torino

BALDINI&CASTOLDI
presenta

 

MyTunes

di Maurizio Blatto

 

ne parla con l’autore

Matteo Negrin musicista

 

 

Ufficio stampa: Chiara Ferrero – c.ferrero@baldinicastoldi.it – tel. 02 9455961

Libreria Trebisonda: trebisondalibri@gmail.com – tel. 011 7900088

Maurizio3

 

 

 



Circolo dei Lettori

Postato il

Mytunes

 

 

 

Venerdì 13 giugno, ore 21.00

CIRCOLO DEI LETTORI

Palazzo Graneri della Roccia, Via Bogino 9 – Torino

BALDINI&CASTOLDI

presenta

MyTunes

di Maurizio Blatto

reading di Maurizio Blatto

con musica a cura di Andrea Pomini

interviene Carlo Bordone giornalista e critico musicale

 

Ufficio stampa: Chiara Ferrero – c.ferrero@baldinicastoldi.it – 02 9455961

Circolo dei Lettori 011 432 6827


Cinema Corto in Bra

Postato il

corto-in-bra-2014

Per chi fosse in zona oggi:

PALAZZO MATHIS – ORE 18:00 / 6:00PM Shorts Stories: Maurizio Blatto & Andrea Pomini
Aperitivo di inaugurazione del Festival con il reading tratto dal libro Mytunes di MaurizioBlatto


the “alè che è ora” weekend

Postato il

 

la grande invasione

The alè che è ora weekend:

(vi aspetto!)

 

venerdì 30 maggio, Ivrea, ore 23,00

Festival La grande invasione

Sala Santa Marta

Reading da MyTunes con musiche di Giorgio Pilon/Selfimperfectionist

sabato 31 maggio, Ivrea, ore 23,00

Festival La grande invasione

Liberia Cossavella, Ivrea

Reading da MyTunes con sonorizzazione a cura di Andrea Pomini

domenica 1 giugno, Cremona, ore 10,30

Festival Le corde dell’anima

Museo del Violino

Conversazione con Paolo Gualandris e Reading da MyTunes con sonorizzazione a cura di Andrea Pomini

domenica 1 giugno, Ivrea, ore 23,30

Festival La grande invasione

Sala Santa Marta

Reading da MyTunes con sonorizzazione a cura di Andrea Pomini

lunedì 2 giugno, Ivrea, ore 23,30

Festival La grande invasione

Sala Santa Marta

Reading da MyTunes con musiche di Giorgio Pilon/Selfimperfectionist

A seguire festa di chiusura del Festival e dj set a cura di Selfimperfectionist

MyTunes on tour

Prossime date:

giovedì 5 giugno

Festival cinema corto in Bra (CN)

Dalle ore 18,00 la recensione: forma breve letteraria

e a seguire reading da MyTunes con sonorizzazione a cura di Andrea Pomini

venerdì 13 giugno

Circolo dei Lettori, Via Bogino 9,Torino

Ore 21,00 MyTunes: presentazione di Carlo Bordone

e reading con sonorizzazione a cura di Andrea Pomini

venerdì 20 giugno

Spazio 211, Festival Rumore

mercoledì 2 luglio

ore 21,00 Libreria Trebisonda Via Sant’Anselmo 22, Torino

giovedì 10 luglio

ore 21,00 Libreria Il gatto che pesca,

Via Martiri della libertà 42, San Mauro (TO)

venerdì 25 luglio

Festival di Alpette


Privè (molto privè) aprile 2014

Postato il

Theyr Jaz Coleman Killing Joke 1982 part 1

 

 

 

 

 

 

 

 

Mytunes

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lo so, questo è il privè (molto privè, quasi pubblicità piena) di aprile, ma siamo a fine maggio.

Però la scusa è che, come già anticipato, oggi esce ufficialmente nelle migliori librerie all over the world il mio nuovo libro, MyTunes  per Baldini & Castoldi.

Quindi, come si suol dire, sono stato incasinato.

Ma questo nuovo tomo (464 pagine!) “frutto della vita (molta autobiografia espansa) e dell’amore (drammatico, terminale per dischi e canzoni) di quest’uomo (io)” è finalmente disponibile.

Potete farmi figo e chiederlo alla vostra libreria di fiducia o farmi pavone e ordinarlo direttamente  qui. Con dedica assicurata.

Il libro costa 16 euro

aggiungete 2 euro per spedizione ordinaria non tracciata

aggiungete 4,50 per spedizione raccomandata (tracciata)

se pagate paypal, sorry, ma bisogna aggiungere 1 euro in più alle tariffe.

nostro indirizzo payal: backdoor.torino@libero.it

Altrimenti (consigliato) bonifico bancario

 

UNICREDIT BANCA

BACKDOOR S.A.S.   VIA PINELLI 45  TORINO

 

IBAN   IT19L0200801167000002173077

BIC     UNCRITB140L

 

Ma per premiarvi in anticipo e darvi un’idea del libro, ecco un inedito, classica outtake succosa rimasta fuori (lo ammetto, me l’ero scordata e una notte mi sono svegliato improvvisamente – merda, mi sono dimenticato i Killing Joke…).

Buon divertimento.

Maurizio

 

Requiem

Killing Joke

(Killing Joke, 1980)

 

“Essere artista ha sempre significato possedere ragione e sogni”

(Thomas Mann)

 

Maestro Tirelli tu possa bruciare nell’inferno del Rondò Veneziano. Rosolare sulla brace, oltraggiato da spruzzi di accendifuoco Diavolina e abbrustolito a fianco delle damine che suonano il violoncello. Lì devi stare, maledetto pavone gonfiato imballato in giacche di pelo maron e cravattini sabaudi. Quello dovrebbe essere il tuo posto, vigliacco di un baffino canavesano che mi hai impedito di entrare in un gruppo punk e roteare la chitarra come un Pete Townshend in libera uscita. Rondò alla turca, ma quella del cesso, dovrebbe essere la tua dannata dimora. Un vecchio adagio dice che chi non riesce a diventare un buon musicista in genere fa il critico musicale. Bè allora io dovrei essere il capo dei recensori. Ho provato diverse volte a imparare a suonare la chitarra. La più seria, nel 1980. Avevo quattordici anni e andavo a lezioni dalla Scimmia, arpeggiatore di quartiere così battezzato per il volto dai tratti vagamente scimpanzeschi. La Scimmia adorava i Chicago e viveva dall’altra parte del corso, un inferno di lamiere e smog, dove abitavo io. Attraversavo e mi insegnava gli accordi. Portava una riga in mezzo ai capelli degna di un sipario del Teatro della Fenice e vestiva come Tex. Dopo tre lezioni io sapevo già fare Dedicato della Bertè, e mi parve un risultato straordinario. Ero ebbro dei miei progressi, tutto funzionava. Mio padre però ebbe una soffiata da un collega. “Il maestro Tirelli, violino all’Orchestra del più importante Teatro della città, viene addirittura a domicilio. È bravissimo. Bravissimo che non hai idea”. Fui costretto ad abbandonare la Scimmia. Ci separammo per sempre sulle note di If You Leave Me Now, ovviamente dei Chicago. Tornai a casa con il cuore a pezzi e il falsetto di Uh uh uh uh no baby please don’t go nelle orecchie. Quadretto vagamente omosex, ma comunque straziante. Il maestro Tirelli si presentò senza esitazioni una settimana dopo, direttamente in camera mia, vestito esattamente come Camillo Paolo Filippo Giulio Benso, conte di Cavour, di Cellarengo e di Isolabella, ma con l’aggravante di olezzare come una mandria di pecore assassinate e lasciate macerare nell’aglio. Lo odiai all’istante. Indossava dei mocassini credo cuciti direttamente da Geppetto e con questi batteva costantemente il tempo sulle mie piastrelle. In alternativa, faceva schioccare le dita. Aveva un libro sottobraccio, dalla copertina arancione, che si chiamava Pequenos Exercicios Melodicos. Capii subito che ci sarebbero stati dei guai. Passavamo interi pomeriggi, seduti sul copriletto patchwork fatto a maglia da mia nonna Caterina, a solfeggiare con le dita. Ogni volta che sbagliavo, mi tirava una stecca sulle falangi. Era come se vivessimo nel 1850, ero certo che la sera lui telefonasse a Urbano Rattazzi o andasse a farsi un hamburger con Pietro De Rossi Di Santarosa. Mi agitava e io indispettivo lui. La cosa che meno tollerava era la mia incapacità di dominare il plettro. Presi a farlo cadere volontariamente dentro la cassa della chitarra. La scuoteva come Paul Simonon sulla copertina di London Calling e urlava inviperito “Non è possibile, in tanti anni, mai vista una cosa simile. Santa polenta, mai”. Potevo relazionarmi serenamente con uno che usava santa polenta come epiteto? Per giunta mi toccava aerare la stanza per ore, anche in pieno inverno. Tirelli se ne andava, ma una traccia di sé rimaneva in ricordo, minando persino l’esistenza di un paio di piantine grasse che avevo ricevuto misteriosamente in regalo per un compleanno. L’eau de Cavour sembrava ammazzare pure loro. Dopo due anni di questo strazio non avevo imparato nulla. Non superai mai l’ostacolo del barrè, le mie stesse dita mi erano nemiche. Lui mi scherzava. “È facilissimo, ma mi guardi per Dio!”, prendeva la chitarra e, mentre camminava in circolo per camera mia eseguendo Segovia alla velocità di Silver Surfer, un giorno intercettò un ritaglio di giornale appiccicato sopra la scrivania. Erano i Killing Joke. “Questi chi sarebbero? Musica moderna? Io apprezzo unicamente il Rondò Veneziano. Adesso prenda quel plettro e vediamo se riesce a combinare qualcosa”. I Killing Joke mettono tutti d’accordo, Tirelli a parte, ovviamente. Punk, metallari, industriali, dj alternativi, new wavers. Lenti e pesanti, con un groove di sottofondo. Immagini del Papa che benedice truppe naziste, Jaz Coleman che canta dipinto in faccia, synth e riff monolitici. Le loro intuizioni sono state la base di molte carriere conclamate (dai Nine Inch Nails ai Korn, passando pure per i Jane’s Addiction), ma nei primi anni ottanta erano ancora un culto sotterraneo. Il loro primo album si apre proprio con Requiem: giro ossessivo di sintetizzatore, riff implacabile di chitarra e bordate di batteria. Post punk marziale, sottilmente deviato. Jaz Coleman canta di bombe che ticchettano, morte, religione e parole che cessano di avere significato. Non mi stupii quando, nel 1982, proprio Coleman se ne andò in Islanda ad attendere l’Apocalisse. Stava arrivando. Davvero? Nel frattempo mi beccai un’influenza belluina. Per giunta mancavano pochi giorni all’interrogazione sul Doctor Faustus di Thomas Mann. Ero drammaticamente indietro nella lettura. Mia madre chiamò Tirelli e gli disse che avrei dovuto saltare la lezione. Finalmente una buona notizia. Non bloccò però la febbre. Requiem mi si piantò in testa. Succede, tu stai male e una canzone ti si ripresenta ossessivamente. Poteva andarmi peggio. Iniziai comunque a delirare, il Diavolo si offriva di comprarmi l’anima in cambio dell’immediata padronanza del barrè. Fui sul punto di accettare. Thomas Mann si mischiava al giro della chitarra di Geordie Walker. Mi convinsi che l’Apocalisse stava davvero arrivando e per giunta io la stavo aspettando in pigiama. Il paracetamolo mi tolse dall’imbarazzo. Guarii, presi un onesto 7 sul Doctor Faustus e, in un momento d’ispirazione, composi uno strumentale alla chitarra. Una schifezza do sol sol la sol sol che chiamai, ovviamente, Requiem. Venni a sapere che i Killing Joke tutti stavano rientrando in Inghilterra. Nessun segnale dell’Apocalisse. Meno male. Mi son sempre domandato come si fossero organizzati. Stavano su un balcone a scrutare il mare? Misuravano i venti? Chissà. Comunque decisi di farla finita lo stesso. Affrontai i miei e chiesi di giubilare Tirelli. Non ce la facevo più. Pietosamente, acconsentirono. Liberato da un simile macigno, mi presentai nella palestra del mio liceo, dove alcune band di studenti si sarebbero esibite nel pomeriggio. I nostri favoriti attaccarono per ultimi. New wave totale. Cambiavano nome di continuo. No Real, Ecole Maternelle, forse all’epoca ne avevano addirittura uno diverso. Li adoravamo. In chiusura tentarono una cover dei Killing Joke. Gli riuscì talmente male che non capimmo se fosse Wardance o Requiem. Verso metà il bassista si fermò e disse al microfono “Ci spiace ragazzi, ma non riusciamo a farla”. Uno di fianco a me, appeso al quadro svedese urlò “Fatela lo stesso e vaffanculo a Baglioni”. Gli andai dietro “Sì e vaffanculo a Tirelli e al Rondò Veneziano”. Ci fu un boato di consenso incondizionato e loro riattaccarono, forse, Requiem. Urlavamo tutti. L’apocalisse poteva attendere.

 

Playlist:

 

cose che mi sono piaciute:

 

Dischi:

 

Donato Epiro Fiume nero (Black Moss)

Tribalismo anni settanta che emerge da un rio amazzonico dove una tribù sanguinaria sacrifica un pellegrino abbandonato ai boa constrictor

(chiaro, no?).

Scuro e ossessivo.

donato epiro

 

 

 

 

Damon Albarn Everyday Robots (Parlophone)

Una toccante festa alla propria mezz’età

Damon-Albarn-Everyday-Robots-678x678

 

 

 

 

Denovo Kamikaze Bohemien (Viceversa)

L’esordio mai uscito. Diciamocelo, erano dei fenomeni pop.

Kamikaze-Bohemien-copertina-vinile

 

 

 

 

Cagna Schiumante Cagna Schiumante (Tannen)

Aspro e potente. Libero. E splendido da dire: “Cosa ascolti tu ultimamente?”. “Cagna Schiumante!”.

Mette a posto chiunque

cagna-schiumante-cover2014

 

 

 

 

Libri:

 

Joe R. Lansdale La foresta (Einaudi)

Forse un po’ gratuito per il dosaggio di violenza, ma Lansdale è Lansdale

lansdale

 

 

 

 

 

 

 

 

Simon Goddard Simply Thrilled – The Preposterous Story of Postcard Records (Ebury Press)

L’epopea della Postcard records di Glasgow, i Josef K, gli Orange Juice, santo cielo…

simon goddard

 

 

 

 

 

 

Altro:

 

La signora borghese (accompagnata da marito e cane dalmata) che al Salone, dopo aver comprato il mio libro, ha scelto in omaggio il 45 “brutto” La novia di Antonio Prieto.

E mi ha confidato “Sa, proprio su questa canzone ebbi un rapporto completo”.

“Ahh”, ho risposto io.

Quindi si è rivolta al marito con misurata nonchalance: “Ricordi anche tu, Aldo?”.

Impassibili, né lui, né il dalmata hanno replicato.

la novia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Enrico

Postato il

Maurizio Blatto Enrico Fontanelli 2012

 

 

Non sono passati nemmeno due mesi dalla scomparsa di Enrico Fontanelli

e credo che chiunque lo conoscesse abbia pensato a lui ogni giorno.

Questo è il mio ricordo di Enrico, pubblicato sul numero di maggio di Rumore

rumoremag.com

 

 

Aggrappandosi a una distanza

 

Una delle ultime volte che ho camminato di fianco a Enrico Fontanelli lui, senza quasi fermarsi, ha scattato una fotografia a una macchina parcheggiata.

Si è abbassato leggermente e ha inquadrato una targhetta di un vecchio modello, credo, di fine anni settanta. Non saprei quale.

Mi ha sorriso, come a dire “Non possiamo farne a meno”. È vero, non possiamo.

Tutto significa qualcosa, molto ci serve. Tanto lo buttiamo. Ma ci sono cose alle quali dobbiamo aggrapparci.

Enrico era una persona gentile e ricca di talento. Aveva una faccia bellissima, che spesso mascherava con le sigarette sul palco. O con una riservatezza dolce, che l’ha accompagnato fino alla fine.

Quando ho saputo della sua morte ho rimpianto di non intendermi di macchine, dei modelli che si susseguono nel tempo. Bestia che pensa sempre ai dischi, se avessi memorizzato che cos’era quel rottame grigio che avevamo superato insieme, ogni volta che uno anche soltanto simile mi fosse passato sotto gli occhi avrei pensato, Enrico.

Un chiodo piccolo su parete liscia di tristezza. Un aggancio.

Rimangono i ricordi personali e la musica, ovviamente. Io credo che le sue macchine vere, quegli strumenti ostinatamente ancora funzionanti e tenuti stretti con lo scotch marrone, sentano la nostalgia del suo tocco, esattamente come le persone che Enrico ha sfiorato. Penso a quel meraviglioso adesivo degli A Certain Ratio che aveva appiccicato su una specie di tastiera. Lentamente si staccherà per il calore del tempo e per il freddo della sua assenza. Scelgo per Enrico due appigli. Non so nemmeno se li ha suonati lui o Daniele, se sono un suggerimento di Max. All’inizio e alla fine di Bachelite degli Offlaga Disco Pax ci sono due effetti, minimi e precisi. Dopo un minuto e venti di Superchiome, i Kraftwerk. Allo scoccare dei tre minuti e cinquantacinque di Venti Minuti, i Joy Division. Lasciati lì per noi, espliciti. Una semina di condivisione.

So che oltre alle sue canzoni, ogni volta che sentirò quelle dei Kraftwerk e dei Joy Division, quelle da cui sono stati riflessi quei pochi secondi penserò, Enrico.

E so che succederà. “Non possiamo farne a meno”. È vero, non possiamo.

Tutto significa qualcosa, molto ci serve.

Ma questo lo teniamo. Stretto, con le nocche bianche per la presa.

Maurizio Blatto